Fare in modo che i media parlino di te e del tuo business o della tua associazione è un desiderio che hanno in tanti. Tutti quelli che si rivolgono a un professionista delle media relations in effetti hanno questa esigenza e posso confermare che si tratta di un numero crescente. La copertura mediatica è fondamentale, infatti, per aumentare la brand awareness, la credibilità e l’autorevolezza e, in ultima analisi, le vendite.

Cominciamo con il dare una definizione di copertura mediatica, tanto per circoscrivere il ragionamento: è il contenuto proposto da professionisti delle pubbliche relazioni (PR) e prodotto da giornalisti e scrittori per parlare di te, della tua organizzazione o del tuo prodotto.
Se da un lato è necessario sapere come parlare ai media (e qui soccorre il media training), dall’altro è altrettanto necessario sapere cosa dire e a chi dirlo. Per farlo nel modo corretto ci si rivolge di solito ai professionisti delle media relations, ma avere una certa consapevolezza di come funzionano i meccanismi che portano una storia a catturare l’attenzione dei giornali e magari anche delle televisioni, è utile a tutti.
Anche se può sembrare che la copertura mediatica avvenga dall'oggi al domani, infatti, dietro le quinte occorrono molto tempo e impegno. Per ogni notizia o comunicato stampa che vedi online, sono state investite ore in pianificazione e giorni, settimane o addirittura mesi nella costruzione di relazioni. Posso dirlo con certezza, dal momento che ho dedicato alla costruzione di queste relazioni gli ultimi 20 anni!
Prima di tutto va tenuto presente un dato: un giornalista di buon livello riceve tra 50 e 500 proposte di storie e argomenti a settimana, quindi attirare la sua attenzione può essere piuttosto difficile. Soprattutto per chi ancora non è conosciuto e non può contare sul fattore fiducia che gioca un discreto ruolo nei rapporti con i media, l’unica strada possibile è proporre contenuti di qualità e storie straordinarie, nel senso proprio del termine, cioè fuori dall’ordinario.
Da dove cominciare dunque?
Ecco qualche consiglio che vale non solo per politici, aziende ed esperti, ma anche per i giovani che si avvicinano alla professione dell’ufficio stampa e delle media relations.
Ci sono sostanzialmente due approcci: proattivo e reattivo. E vanno utilizzati entrambi con il giusto mix.
Essere proattivi significa creare contenuti di valore per i media e per il pubblico, condividerli attraverso comunicati stampa e social network e stabilire un contatto attivo con i giornalisti per sollecitare la loro curiosità e il loro interesse. Non dimenticare che i giornalisti cercano informazioni come fa la maggior parte di noi: attraverso Google Search e i social media. Essere presente su questi canali, quindi, è fondamentale.
I contenuti che di solito attirano l'attenzione sono ricerche originali, commenti di esperti, infografiche visivamente attraenti e storie notiziabili, in altre parole: tempestive, d'impatto, rilevanti, di interesse per l’opinione pubblica o con la presenza di un influencer (che di fatto è una persona che ha già fatto tutto questo percorso prima di te).
L’approccio reattivo, invece, consiste nel rispondere alle richieste di informazione dei giornalisti e per farlo è necessario partire per tempo, cioè costruire un rapporto con loro molto prima di averne bisogno, mostrandoti disponibile senza chiedere nulla in cambio. In questo modo sapranno di avere una fonte affidabile di informazioni quando ne avranno necessità.
Quando si comincia da zero, tutti vorrebbero vedersi subito con un’intervista su un grande quotidiano oppure direttamente in televisione. Difficilmente questo è possibile perché è necessario aver costruito prima un percorso di credibilità e autorevolezza che deve crescere in modo graduale per essere solido e soprattutto positivo. L’alternativa è utilizzare una notizia negativa, drammatica, emotivamente impattante, scandalosa… Insomma, quello di cui proprio non hai bisogno.
Per cominciare a costruire una copertura mediatica solida, quindi, il consiglio è di iniziare con i media meno popolari e adattare il tuo racconto a loro. Da questo punto di vista, i giornalisti freelance possono essere una risorsa molto utile. Di solito collaborano con più testate e sono più motivati delle redazioni a scoprire storie interessanti e originali. La costruzione della media list è un momento fondamentale di questo percorso. È necessario, infatti, individuare i giornalisti che hanno già trattato argomenti simili a quello che intendi proporre, perché probabilmente saranno più interessati e anche più competenti. È necessario quindi entrare in contatto con loro e costruire un rapporto diretto, cominciando a offrire loro contenuti di interesse.
Intercetta l’agenda mediatica
Questo punto merita un approfondimento, perché l’esperienza professionale mi ha insegnato che difficilmente quello che il cliente ritiene di interesse è quello che anche il giornalista ritiene di interesse. Il compito di chi si occupa di PR e media relations è dunque quello di mediare tra le due posizioni e individuare un angolo di visione e di racconto della storia del cliente che risulti interessante per il giornalista.
Il segreto sta nell’abbandonare la pretesa di dettare l’agenda degli argomenti ai media e piuttosto di sforzarsi di intercettarla con informazioni utili e interessanti.
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