La domanda sorge spontanea: Che nesso c'è tra una tazzina di caffè e la felicità?
Non sò voi ma io adoro il caffè, l'energia che mi dona, l'aroma intenso e il retrogusto amarognolo ma oggi non voglio parlarvi dei miei piccoli vizi, bensì di una storiella, uno di quei racconti brevi di crescita personale.
Come sapete adoro leggere e scrivo anche romanzi e racconti quindi ritengo i testi narrativi degli ottimi alleati per l'apprendimento e il miglioramento continuo.
Cerchi il caffè o la tazzina?
L’ispirazione per questo post mi è venuta qualche giorno fa, durante una delle mie camminate, ascoltando un interessante audiolibro sulla felicità di Andrea Giuliodori, uno dei miei “maestri” come direbbe Alessandro D’Avenia.
Nel testo si raccontava una storiella esemplificativa che mi ha colpito.
Vi riporto in breve come è apparsa la scena nella mia mente:
Un gruppo di amici, che avevano frequentato lo stesso corso di studi, decide di far visita ad un loro ex insegnante di economia.
Giunti a destinazione hanno iniziato a conversare e a raccontare al professore i traguardi raggiunti, le posizioni lavorative, i progetti professionali.
L’uomo, ormai anziano, li ascolta con attenzione, poi, da perfetto padrone di casa, offre loro un caffè che tutti accettano, si alza e si dirige con calma verso la cucina lasciando per un po’ i giovani a dialogare tra loro.
Dopo qualche minuto, si ripresenta con un vassoio e una serie di tazzine piene, ma di varie tipologie. Alcune apparivano pregiate, realizzate con materiale di ottima qualità e decorate finemente, altre erano in vetro lavorato, altre ancora colorate e con forme inconsuete e alcune avevano un'aria comune o addirittura dozzinale.
Il professore si accomodò sul divano e osservò i suoi studenti mentre effettuavano la scelta, quasi tutti cercarono di prendere le tazzine che sembravano più pregiate per poi passare progressivamente a quelle più semplici man mano che si esaurivano. Li lasciò bere rimanendo in silenzio sorridendo loro bonariamente.
Uno dei ragazzi a questo punto lo interrogò: “Prof, quando in classe aveva quell’espressione voleva spiegarci qualcosa di importante! Sono curioso di ascoltare!”
L’anziano allora si schiarì la voce e sentenziò:
“ Vi stavo osservando. Quando ho posato il vassoio sul tavolo la vostra attenzione è caduta sulle tazzine e vi siete basati su quelle per scegliere. Non vi siete chiesti se il caffè in esso contenuto fosse uguale o se, per vezzo, avessi deciso di offrirvi caffè realizzati con miscele o tostature differenti. Eppure io vi avevo chiesto se volevate un caffè, non la tazzina! “
dopo una breve pausa d’effetto proseguì
“La vita è come il caffè e la felicità è come l’aroma ma se vi fate distrarre dal contenitore rischiate di non riconoscerne l’aroma e di non assaporare il caffè!”
Si tratta di una libera interpretazione, ho aggiunto dettagli creati dalla mia mente e probabilmente ne ho omessi altri che la mia memoria ha filtrato, perché ogni volta che ascoltiamo qualcosa, lo rielaboriamo e poi lo raccontiamo nuovamente lo modifichiamo, lo plasmiamo.
In ogni caso, in questo articolo, vorrei soffermarmi sulla “morale” di questo raccontino.
Per poter vivere felici dovremmo capire cosa è davvero importante e concentrarci su quello
ma a me piace pensare che ci sia anche un altro “insegnamento”, ossia:
A volte ciò che ci fa stare bene sono le piccole cose, come il profumo del caffè, l’intensità dei sapori, quel senso di energia che spesso si avverte dopo averlo bevuto.
La tazza di caffè al femminile
Vorrei infine concludere questo articolo con una piccola riflessione che mi è sorta spontanea mentre ascoltavo l’aneddoto.
Ho sempre pensato che la mente maschile e femminile lavorassero in modo differente e diversi studi scientifici lo hanno dimostrato.
Il pensiero femminile è più complesso, sfaccettato e questo può essere una ricchezza se lo si riconosce e lo si accetta ma a volte può anche essere un limite.
La storiella sopra raccontata non avrebbe mai funzionato se raccontata al femminile perché probabilmente il povero professore avrebbe dovuto preparare una serie di caffè diversi fin dall’inizio subissato da richieste del tipo:
“ Per me macchiato caldo grazie!”
“Potrei averlo decaffeinato?”
“A me piacerebbe lungo”
“Ha il caffè d’orzo?”
“Si grazie ma solo se ha lo zucchero di canna per dolcificare …”
All’arrivo dei caffè si sarebbero comunque concentrate sull’involucro e non sul contenuto in una serie di confronti e valutazioni inespresse quindi la morale non sarebbe cambiata ma le modalità si e il racconto sarebbe risultato più lungo e dispersivo.
Quindi ne potrei trarre un terzo insegnamento:
Per vivere bene e assaporare la felicità seguiamo le nostre inclinazioni naturali e beviamoci una buona tazza di caffè!
Vi invito come sempre ad essere curiosi, a guardare il mondo con occhi, mente e cuore aperti e ad esercitare la vostra capacità di apprendimento ogni giorno.
Se non lo avete ancora fatto, potete scaricare gratuitamente il test “Esploratore o Osservatore?” per scoprire che tipo di curioso sei.