Ritorno in Terra Santa. Quando la luce del Mediterraneo ha illuminato le sue radici 1/3

Impressioni di un viaggio nel cuore della spiritualità del Mediterraneo

In questi giorni di guerra in Terra Santa, pubblichiamo il racconto per impressioni di un viaggio tra Israele e Palestina del 2019


Questo racconto è disponibile in formato podcast al link
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L'accesso è gratuito, basta registrarsi e ascoltare tutti i capitoli, tappa per tappa. 


Lo sbarco

È un piccolo passo, un volo di poche ore che ci adagia su una terra di case bianche di pietra, di ulivi mossi in un cielo lattiginoso che sbianca i colori accesi del Mediterraneo che abito nel cuore della penisola da cui siamo partiti. Scorrono foglie d’argento sui finestrini del nostro trasferimento, le palme da dattero in ordine lungo la strada; scorrono millenni di storie che si sono rincorse, nascoste, riemerse tra le balze rocciose di monti che sono nella memoria di popoli interi, che animano le immagini di fede e di gesta di spade e martiri.

Pochi minuti, il tempo di un’istante di ore ed il paesaggio che parla davanti ai nostri occhi, familiare e mistico, si svela come cornucopia di simboli e metafore, mai uguale a se stesso eppure eterno e rinnovato ad ogni passaggio di pellegrino, di madre inconsolabile, di saggio padre, di figlio ribelle, di campi di tende e clangore di ferraglia, di fuochi nella notte, traccianti nel buio, muri e fili spinati, di preghiere e salmi, di occhi rabbiosi e innamorati, di vita e morte. 

Così ci accoglie questa terra, santa per generazioni di padri e madri, stretta tra mari e deserti, chiusa nell’alveo di un fiume che gonfia il suo letto al comando delle stagioni. Terra, santa di parte per troppi malintesi, per la miopia del potere, per brama, per parole incomprese, passate di bocca in bocca e indebolite nella verità che portano in dono, da un ascolto che dimentica il cuore e abbandona i fonemi al registro di una contabilità di pensieri. 

Terra di tanti sbarchi, orde di feroci paladini di una fede fatta suolo di manipolazioni e inganni. Terra che raggiungiamo risalendo il lembo di mare che accarezza la costa, verso nord, sino alla sperone del monte Carmelo dove vuole, il racconto, essere scesa la spada dell’arcangelo Michele, al termine del lungo fendente di luce che attraversa l’Europa intera dall’Atlantico al mare di mezzo più lontano, ad oriente. Nel buio di una grotta aperta dalle luci di lumi su cui si leva l’altare di un giorno nuovo, si celebra il nostro primo incontro, tra le parole e il silenzio, tra il sospiro e il segno che i giorni, a venire, arderanno di vita e amore, di amicizia e cambiamento, di apprensione e generosità, di un tumulto dell’anima che ritrova il suo slancio. 


Akko - San Giovanni d'Acri sul mar Mediterraneo
 

San Giovanni d’Acri - palinsesto

A San Giovanni d’Acri scorre il tempo delle generazioni in poco meno di un decennio. Lì dove c’erano macerie, fioriscono tavoli e banchetti, dove apparivano sguardi torvi e sospettosi, dove affioravano cura e gentilezza per le strade assolate e indolenti, tutto brulica di vita e giovinezza. Una città che rinasce, si mescola, pullula di lingue, colori, gesti, incontri che si danno appuntamento tra i vicoli sul mare, seduti al caldo di un pranzo tra sconosciuti conoscenti, alle parole taglienti di un ordine rapido ed essenziale, col limone che scorre fresco per la gola che apre la via al sapore dell’oriente vicino, così familiare, così antico, così rinnovato nella memoria. 

Le mura antiche fanno trampolino ai ragazzi nel tramonto, giovani e torniti, nel loro balzo, spavaldo, nell’acqua mossa dal vento leggero. Salgono gli spruzzi fra le grida spaccone di incoscienza, sfiorati dalle evoluzioni dei gommoni a raso sulla costa. Vitalità, l’infinito nei pensieri, immortalità sprizzano dalla scogliera al nostro passaggio stanco dopo un giorno denso di cammino e meraviglia tra le tracce di una storia di difesa e resistenza. I muri, gravidi di volte agili su piloni possenti, accolgono l’eco dei passi di intere guarnigioni che si sono date il cambio nello slancio di rimettere una terra sotto una sola bandiera. I fantasmi fluorescenti delle truppe e dei fedeli si inseguono proiettati nel buio delle stanze, quando un brivido corre per la schiena di chi ripercorre oggi i loro passi perduti. Un’intera città travolta da un epilogo scritto, scarnificata nei suoi luoghi di potere, restituita alle viscere della terra, rifatta polvere nella polvere, soffocata per sempre, sinora, a far da fondamenta ad un nuovo stendardo che sventola, verde, sulle cime dei minareti. Le luci in tondo si rincorrono senza sosta all’ombra di una cupola immobile che porta il cielo in terra a proteggere una comunità. 

Eppure, eppure in questo scorrere di stelloni e rivalse, in questo serpeggiare di diffidenza e ribellione, sotto, nella terra che sorregge il nostro procedere incerto, scorre la vita che tutto rende fraterno e vicino. La vita, che non ha padrone, solo il dono che ci ha benedetti e che ci chiama ad essere testimoni del nostro essere, insieme. 

Akko - San Giovanni d'Acri - quartiere veneziano, 2008

 Monte delle Beatitudini

C’è un tempo per esplorare le parole presi da una guida per mano, che scosta gli arbusti, mostra la strada, fa luce lungo il sentiero, che indica agli occhi dove posare lo sguardo, che sceglie il passo e lo adatta al tuo che percorri un sentiero ardito, alle volte scosceso e che toglie il fiato. È il tempo in cui affidarsi alle cure di chi ha percorso prima di te quello stesso spazio del sapere e dell’anima e che ti accompagna col proprio corpo di vita passata attraverso quella esperienza che ora sei chiamato ad attraversare. C’è un giorno, invece, in cui sei solo sul ciglio di una strada che hai imboccato per una delle mille e infinite ragioni che puoi richiamare a te stesso. Un giorno in cui non c’è guida a stringerti per mano, nessuno ad incoraggiarti, nessuno a camminare al posto dei tuoi piedi già stanchi. Un giorno in cui davanti a te c’è soltanto uno specchio ed il riflesso di tutto ciò che abiti dal giorno in cui hai aperto il cuore alla vita. In quel gioco stai, immobile nei pensieri, sospeso ad ascoltare il vento che accarezza i polmoni, il cuore che arde e che batte ogni colpo per ricordarti che sei qui. Quel giorno, come quel giorno, ci siamo seduti all’ombra di tamerici sul suolo brullo che scende al lago di Tiberiade. Quel giorno c’è solo il tempo per ascoltare le parole di un maestro che è salito quassù ad indicare una via di beatitudine che è viva nel cuore che ascolta e che riconosce la verità dell’amore. Qui, millenni fa partiva un impulso che continua tuttora a propagarsi con la medesima forza. Basta soltanto tornare a quelle parole, lasciarle scorrere libere, tra l’ombra delle foglie di un albero grande come il tempo che ha vissuto, rimbalzare sui massi levigati dai tanti passaggi di uomini e donne che hanno posato lo sguardo in se stessi per secoli prima di noi. Esplodono le beatitudini nello sguardo che si colma di gratitudine, che accoglie i compagni di questo viaggio come testimoni del mio essere, del tuo essere presente per ciascuno senza più ostacolo alcuno. 
 Beatitudine, all’ombra di un monte che apre le braccia di ogni pellegrino all’incontro con la pace e la fratellanza. Beatitudine, cristallina come il nodo che si scioglie in gola e che lascia sgorgare il profumo di un nuovo inizio di un’amicizia, di una vicinanza che rimarrà nella memoria dei geni di ogni cellula e istante della vita da vivere ancora. È così che trascorre il tempo delle beatitudini, dove tutto si ferma a contemplare una fuga d’amore. 


Chiesa del Monte delle Beatitudini - arch. Antonio Baruzzi, 1937

Tsfat – Città Santa

Nella città di Tsfat, dove ogni angolo pulsa del segno di una scelta di rigore e sacralità, mentre ondeggiano le parole di Francesca sul suo corpo che regala la testimonianza di una vita di ricerca e di capovolte dello spirito per raggiungere l’approdo della pace, il sole si adagia sulle pendici del cimitero ebraico. È qui che ci arrampichiamo prima che la stella saluti per oggi questo lembo di terra; ci inerpichiamo sulle scale che si snodano fra i sepolcri di pietra, fra lapidi e parole, tra sassi come fiori della memoria e del ricordo. Salendo, divaricando la via delle donne dalla mia, sino al luogo dove tutto si rischiara nella ripetitività di un gesto e nella bellezza di un atto di amore per la parola che è il veicolo che apre la porta all’infinito nel tuo spirito fatto di carne e sangue. Ripetere, ripetere, salmodiando, studiando, tornando sulle lettere stampate come ricettacolo di semi eterni che germogliano al solo sussurrarne il senso, ridando vita attraverso un accento che le rimette al mondo nel suono. Cercando, nei virtuosismi della cabbala, una verità che è lì, a portata dell’aria che anima quelle parole, del pensiero che le scruta, degli occhi che le nutrono della presenza dell’anima. Sono solo parole, sono parole, come ogni pensiero che s’illumina della presenza della verità della origine di ogni cosa. 


Tsfat - Cimitero ebraico, 2019

Nazareth – Basilica dell’Annunciazione

È ciò che senti, nel tuo corpo, attraverso i tuoi sensi, radicato in questo istante di percezioni e vibrazioni? È ciò che senti, qui, il testimone del tuo vibrare solo, in un mondo libero e vuoto di memoria e di storie di Vita che è trascorsa nel tempo in questo stesso luogo che adesso stai abitando con la tua presenza? È qui, solo qui, che c’è il senso del tuo essere vigile nell’istante del brivido che ti attraversa dal capo alla terra? È qui e solo qui che sta l’esperienza che stai consumando? E se, piuttosto, l’interminabile intrico di passi, mani che si sono toccate, parole che si sono benedette, sorrisi che si sono incrociati, lacrime versate, colori e profumi di pasti consumati caldi al freddo della notte si fossero dati appuntamento per te, per raccontarti di un incontro di mille e mille anni fa, di un guizzo nel buio, di una parola troppo grande e dello sgomento, di un destino che stava per compiersi. E se così fosse, che sì, tu Maria, oggi esplodesse dentro di te percorrendo questo catino buio nella luce radente del cielo; se tu stesso potessi ora, col colore livido del cemento butterato sentire quello stesso sgomento, e l’abbandono e un sì, eterno e liberatorio e la grazia che esplode tra le tue mani vergini di vita e rinnovarsi ancora e ancora. È questo il dono che hai sul tuo cuscino per la prossima notte insonne; trasforma la tua inquietudine nella resa al disegno che si compie in te. Annuncia al mondo il tuo sì. 


Nazareth - Basilica dell'Annunciazione, arch. Giovanni Muzio 1959-69


Questo racconto è stato scritto al termine del viaggio di ritorno in Terra Santa, nel 2019.
Il viaggio è stato organizzato dall'Associazione Semi d'Aretè, che ha permesso all'autore di tornare in Terra Santa dopo la prima esperienza fatta nel 2008 con il Politecnico di Bari. 
Il racconto è stato trasformato in formato podcast, che è possibile ascoltare su questa piattaforma al link
https://www.ilmondochesei.com/offers/racconto-viaggio-terrasanta-2019/checkout
L'accesso è gratuito, basta registrarsi e ascoltare tutti i capitoli, tappa per tappa. I 13 capitoli sono sintetizzati in questo blog in tre articoli.
A questo, seguiranno i secondo ed il terzo e conclusivo.

Credits:
Foto di Claudio Rubini


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