In questi giorni di guerra in Terra Santa, pubblichiamo il racconto per impressioni di un viaggio tra Israele e Palestina del 2019 - SECONDA PARTE
Questo racconto è disponibile in formato podcast al link
https://www.ilmondochesei.com/offers/racconto-viaggio-terrasanta-2019/checkout
L'accesso è gratuito, basta registrarsi e ascoltare tutti i capitoli, tappa per tappa.
La prima parte di questo racconto in tre capitoli puoi leggerla qui Prima parte
Fiume Giordano – Del Battesimo
Un giro di carte coi fucili in spalla. Le voci a una spanna al di là del confine. I passi svelti, neri e il comando fermo, la pistola a un istante dalla mano. Le canne alte al sole che arde la sabbia salmastra. L’acqua verde e stanca del Giordano che bagna le rive. Una spianata polverosa e accecante da cui emergono immobili le cupole d’oro dei monasteri ortodossi. Fluttua il segno impalpabile dell’uomo sulla superficie del fiume, una corda biancastra che divide il teatro della unità nello spirito.
Sai riconoscere l’uomo, fragile, in questo baccano silente di simboli? Io sento la paura delle generazioni cresciute nella diffidenza; scendo le scale verso la riva, dove si sospende il tempo, dove le parole passano da una lingua all’altra, le uniformi scolorano, i visi si affrontano ostentando sicurezza per non dar vinta la mossa all’altro fronte. Solo lo scoppio e il fragore di una risata profonda farebbe esplodere la bolla d’inerzia di questo luogo dove riconoscersi uomini e creature di una stessa madre. Riconoscersi, toccarsi, guardarsi, sorridersi nella compassione di un attimo che svela il fratello nell’altra divisa. Scendere all’acqua per tornare al battesimo di un nuovo inizio. La immagini, ora, la risata di Dio che ti spinge nelle braccia del nemico nei tuoi pensieri? Ti elettrizza il corpo, lungo la schiena, ti scorre come sangue nuovo mentre col capo chino contempli le foglie scivolare stanche verso la meta. Passa il senso della verità che non è nelle leggi mal scritte di inchiostro scaduto, che scorre nel volo di rondini oltre confine, che corrono al nido all’ombra del riparo dei soldati giordani e cacciano il cibo tra le chiome di quelli israeliani. È tutta qui la verità di un battesimo, di un inizio che è stretto nell’attimo in cui riconosci la libertà di essere spoglio di tutto il peso di pudori, finzioni, pretese, deliri, potere, ragioni che si accumulano a ogni piena della storia. È in questo volo libero e leggero che rinasce ogni alba, la verità del battesimo che scende attraverso un grido stridulo che squarcia il silenzio del cielo, che apre il petto al calore della luce. Tocca quei fendenti nell’aria, è lì il potere di essere libero. Chiudi gli occhi e portalo dentro di te. È l’inizio. Qui.
Fiume Giordano - riva giordana dalla sponda israeliana, 2019
Masada – Dell’essere umano
Dove volano gli sguardi della aquile in cielo, lì c’è Masada, distesa su uno sperone inaccessibile di roccia dorata che domina la depressione del mar Morto. Le pareti a strapiombo si vincono percorrendo un lungo sentiero esposto al sole dopo aver abbandonato a valle ogni timore o affidandosi al gran balzo della funivia che in pochi minuti ti adagia sulla cima.
Masada è la storia di un assedio, del racconto di eroismo e sacrifico nelle fredde stanze tra spesse mura di pietra, e di tenacia e scaltrezza tra le tende dei campi di migliaia di soldati. Un manipolo di uomini e donne e i loro figli rifugiatosi nella propria prigione e un esercito paziente e deciso a rompere il fiato all’ultima ribellione di Giudea, che cinge l’assedio. Oggi, secoli e secoli dopo, sono ancora lì, sui pendii aridi ai piedi della rocca, le tracce dei castra romani che si sono passati ordini gli un gl’altri, circondando i ribelli. Guardandoli da quassù sale in gola lo sgomento della ineluttabilità della fine, della impossibilità di aver salva la vita. Ogni angolo di questo vascello di morte condannato al martirio è chiuso dall’occhio di una sentinella che non conosce riposo. Le vie dell’acqua tagliate da monte, l’ingegno dell’uomo per provvedere alla vita, con le miglia e miglia di canali che raccolgono ogni goccia in cisterne che svuotano i fianchi del bastione, vanificato dalla moltitudine di uomini che fanno a brandelli le vie di approvvigionamento. La moltitudine che giorno dopo giorno affastella terreno sul punto di accesso, notte dopo notte, voce dopo voce, cavalli al galoppo, le torce che preparano il sacrificio, e cresce la rampa che rompe l’illusione della salvezza e prende forma la via che apre il sentiero alla resa e alla fine.
E nella notte risuonano parole d’orgoglio di chi rifiuta l’oblio e getta un ponte immortale nel tempo. Parole dei vinti fatte racconto dei vincitori. Parole di sacrificio che costruiscono l’epica su cui affonda gli artigli la propaganda dei secoli a venire. Parole che riecheggiano nell’alza bandiera dei soldati di un nuovo esercito con la stella di David, che dicono di onore e libertà, che occultano l’ultimo assalto spade alla mano contro un nuovo padrone forte di anni di guerre e destrezza. Parole che sibilano nell’aria sottile tra il tumulto di polvere e sangue, immobile nel vortice delle emozioni che rapiscono i passi di chi accarezza le vestigia di un tempio memoria della follia del potere.
Masada, valle del Giordano. Nella piana si leggono ancora le tracce dell'accampamento romano, parte del sistema di assedio alla rocca. 2019
Qumran – della Luce
Nelle grotte di Qumran, per un tempo lungo e al buio di un rifugio inaccessibile, sono rimaste custodite su rotoli di pergamena cosparsi di sale del Mar Morto, le parole più antiche dei libri sacri ai tempi dell’inizio dei millenni. Parole dello spirito, raccolte da una comunità che ha costruito case dove scorre l’acqua nei vicoli stretti tra vasche di abluzione e ceramisti, un ginepraio di abitazioni dalle quali con lo sguardo dell’intenzione puoi riconoscere ancora oggi, sulle pendici del costone sovrastante, il rifugio dalla furia della dannazione, l’eremo dalle mondanità della vita, reso occulto per celebrare lo slancio verso l’assoluto della Luce che ristora dalla stanchezza del corpo di ossa e membra da portare nel mondo. Li immagini, raccolti intorno a quelle parole gli uomini di Qumran, a nutrirsi del giorno della verità, dell’incontro con l’assoluto tutto. Li immagini così, nei racconti che si sono rincorsi e tramandati, nell’epica che ha voluto edificare un tempio ai testimoni della Parola al tempo del Redentore. Eppure Qumran è un luogo di una luce che abbaglia gli occhi, che acceca e svia lo sguardo dalla verità e dalla evidenza che rimane ancorata al suolo attraverso gli indizi e i resti della vita quotidiana. Qumran chiede di rifugiarsi in un rotolo nascosto, tra le volute di parole che si avvolgono una sull’altra e si stringono in silenzio, in attesa di un nuovo cantore, che ne sveli il segreto inconfessabile, che riporti alla penombra di una grotta la testimonianza di un passaggio della vita di un popolo e del suo tempo, libero, finalmente, dal peso della propaganda. Qumran è un esercizio di attenzione, nel frastuono assordante dei racconti pesanti e perentori di una parte, che chiede di farti acqua e scorrere sul suolo scivoloso sino a riportare in vita le parole della fede e farle germogliare.
La grotte di Qumran, 2019
Betlemme – della natività
È una piccola porta buia nella pietra scolpita dai raggi di un sole bianco di purezza che apre alla penombra dell’aula brunita dalle fiamme della moltitudine di candele cha hanno arso l’aria ferma tra i canti ortodossi che si levano a custodia della culla della natività, a Betlemme. Il piccolo rifugio la cui stella consunta di pietra rifulge tra i ricami d’argento è l’ultimo approdo di code di pellegrini in fila, gli uni sugli altri, con le parole, le preghiere, il sudore, la luce negli occhi, la pesatezza nelle gambe, il cuore che batte e che parla e che chiede ascolto, tutti, per mano muovendo come il gregge del primo giorno, della prima notte sotto la stella al buio di una piccola fiamma, al vagito di un altro mondo possibile. Quei gradini profondi che portano il capo del tuo vicino all’altezza del petto così che quel battito puoi già ascoltarlo, se fai silenzio, in chi ti segue e aspetta di raggiungere il tuo stesso passo, più avanti del suo. E di nuovo la porta che apre al pertugio, piccola, scura più scura della penombra che ti avvolge, ti prepara all’ultima corsa. Perché sì, un attimo è il tempo che ti è concesso, un attimo per dire il tuo grazie, un attimo per ascoltare quello che nasce qui ogni giorno. Un attimo tra le grida di uno strattone che ti porta via da quell’istante perché non c’è tempo, perché corre la fila davanti e dietro di te, perché c’è un ordine che non ha cuore ma il freddo calcolo di un potere in divisa. Ma sai resistere a questo, sai correre immobile nella tempesta dell’anima, sai governare il tumulto di rabbia, sai reggere il peso della crudeltà, sai leggere anche qui, nel dubbio, nel gelo del cuore, sai leggere l’uomo che annaspa e che un giorno, nella solitudine dell’ultimo respiro tornerà qui a sprofondare nella bellezza del silenzio che non ha concesso e di cui avrà fame? Sai farti, tu, ora, dono per quella fame, fermare l’impulso, donare quiete, chiamare tutte le forze che nascondi per sciogliere un nodo, rendere un sorriso, celebrare un incontro, in tumulto, e sugellare la pace? La natività è qui, nella tua gentilezza che fiorisce su un campo di cardi di spine.
Betlemme, Basilica della Natività. 2008
Questo racconto è stato scritto al termine del viaggio di ritorno in Terra Santa, nel 2019.
Il viaggio è stato organizzato dall'Associazione Semi d'Aretè, che ha permesso all'autore di tornare in Terra Santa dopo la prima esperienza fatta nel 2008 con il Politecnico di Bari.
Il racconto è stato trasformato in formato podcast, che è possibile ascoltare su questa piattaforma al link
https://www.ilmondochesei.com/offers/racconto-viaggio-terrasanta-2019/checkout
L'accesso è gratuito, basta registrarsi e ascoltare tutti i capitoli, tappa per tappa. I 13 capitoli sono sintetizzati in questo blog in tre articoli.
A questo, seguirà il terzo e conclusivo. La prima parte di questo racconto in tre capitoli puoi leggerla qui Prima parte
Credits:
Foto di Claudio Rubini