Scrivere in inglese

Ti racconto la mia esperienza

  • Autore: Sara Flisi
  • 18.08.2022
  • tempo di lettura: 04:13

Quando si tratta di mettere per iscritto quello che si sa o si pensa, non tutti sono a proprio agio. Quando, però, lo si deve fare in una lingua diversa dalla propria, spesso ci si trova bloccati. Anch'io mi sono trovata in questa situazione: ti racconto come me la sono cavata.

Il primo impatto

Ormai parecchi anni fa mi sono trovata per lavoro a dover scrivere spesso in inglese. Io sono madrelingua italiana e tutto quello che conosco dell'inglese l'ho imparato sui banchi di scuola. Mi sono presto resa conto che le lacune nella mia preparazione erano parecchie: non ti nascondo che sul momento mi prese lo sconforto. Mi trovai a non essere sicura di niente, a riscrivere mille volte ogni frase, tentando di migliorarne la grammatica e l'impostazione. Il primo impatto non è stato sicuramente dei migliori: ero ingabbiata in un circolo vizioso che non faceva altro che aumentare le mie ansie e la mia insicurezza. 

Il primo passo avanti

Nonostante la grande difficoltà in cui mi trovavo, decisi che i miei testi dovevano essere al meglio delle mie possibilità. Cominciai a leggere di più in lingua, cercando la traduzione di ogni termine che non conoscevo ancora per imparare nuovi vocaboli. Ripresi in mano i vecchi libri e ne cercai di nuovi per migliorare la mia conoscenza della lingua. Cercai in rete dei supporti digitali che potessero correggere in modo mirato i miei testi e utilizzai gran parte del mio tempo per la revisione. Mi sono affidata alla formazione continua e costante per raggiungere un livello di preparazione superiore a quello da cui partivo. Il mio lavoro migliorava, ma i progressi erano a dir poco lentissimi e l'impegno e il tempo che dedicavo a questa attività erano nettamente superiori al risultato ottenuto.

La vera svolta

Ero entrata nel mondo del lavoro da poco e credevo che, per dimostrare di essere all'altezza del mio ruolo, servisse dimostrarsi impeccabili in ogni situazione. In realtà, la svolta c'è stata solo nel momento in cui ho accettato di non poter essere perfetta. In questo mi hanno aiutato molto alcuni colleghi che mi sono stati particolarmente vicini e mi hanno dimostrato che di perfetto non c'è proprio nessuno. Mi hanno anche insegnato, però, che mostrarsi "deboli" in alcuni ambiti ci permette di far avvicinare gli altri e di fare gruppo, supportandoci a vicenda nelle diverse aree di maggiore competenza. Come si è tradotto nella pratica? Fino a quel momento il mio "cavallo di battaglia" era sempre stata la parte più tecnica e scientifica, con una buona parte del lavoro affidato a strumenti digitali che ormai padroneggiavo molto bene. Alcuni colleghi, invece, da anni giravano il mondo e parlavano e scrivevano quotidianamente in inglese, ma di digitale e informatico conoscevano ben poco. Abbiamo deciso di chiedere aiuto gli uni agli altri: loro avrebbero aiutato me a migliorare l'inglese, e io avrei mostrato loro come velocizzare il lavoro rendendolo digitale ed efficiente. Si può davvero dire che l'unione ha fatto la forza e ora abbiamo un team affiatato, che si conosce molto bene e sa come dare il meglio di sé come gruppo, prima che come singolo.

Per quanto riguarda il mio inglese, da quando ho scelto di farmi aiutare è migliorato moltissimo e a vista d'occhio. Ad oggi posso dire di essere autonoma e la revisione del testo riguarda per lo più lo stile diverso da dare ad ogni contenuto in base al suo contesto. Il lavoro di squadra continua ad essere estremamente prezioso, ma la spinta iniziale è stata davvero decisiva per imparare a camminare anche da sola. 

E a te è mai capitato di chiedere aiuto per migliorare o ti sei lasciato frenare dall'orgoglio e dall'insicurezza? Se ti trovi in una situazione simile alla mia e vuoi un aiuto concreto per poter migliorare, clicca il pulsante qui sotto e cominciamo!

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