I videogiochi violenti sono dannosi per i nostri figli?

Un gioco è solo un gioco. A volte peró nasconde una minaccia.

I bambini imparano ció che vedono.

Se oggi sappiamo che questa affermazione é vera é grazie allo psicologo Albert Bandura. 

In occasione della sua morte, avvenuta ieri, vogliamo ricordare l’esperimento del Pupazzo Bobo grazie al quale oggi sappiamo che esiste l’apprendimento per imitazione, vale a dire che l’uomo impara anche osservando i comportamenti degli altri che lo circondano.

Il Pupazzo Bobo (o Bobo Doll) è la versione americana del nostro Ercolino Sempre In Piedi: un pupazzo gonfiabile delle dimensioni di un bambino (che negli anni ’60 ottenevi con la raccolta punti della Galbani) che, essendo dotato di un peso alla base, ritornava dritto se colpito. Sempre in piedi appunto, perché era impossibile farlo cadere. 

A sinistra la Bobo Doll di Bandura, a destra Ercolino della Galbani

Ma come ha fatto Ercolino Sempre In Piedi a dimostrare che i bambini imparano ció che vedono?

Bandura osservó che i bambini, posti in presenza di un adulto che aggrediva fisicamente il pupazzo Bobo, manifestavano comportamenti piú aggressivi degli altri bambini se lasciati da soli con il pupazzo. Osservó quindi che i bambini imitavano il comportamento degli adulti, modellavano il loro comportamento sulla base di quello che avevano osservato. La scoperta di Bandura consolidó le preoccupazioni giá diffuse sulla pericolositá dei contenuti violenti mostrati in televisione: se i bambini imparano ció che vedono, guardare tutta questa violenza nei programmi televisivi puó indurli ad imitare gli stessi comportamenti.

Questa preoccupazione è piú che mai attuale. Oggi, da Game of Thrones a Call of Duty, dai film ai videogiochi, la violenza é un ingrediente quasi imprescindibile dei contenuti a cui siamo esposti. Brutalitá, morti e combattimenti sono diventati un elemento di intrattenimento costante e, ormai, non ci scandalizziamo piú alla vista di un pó di sangue sullo schermo. 

Ma quali sono gli effetti di questa sovraesposizione su bambini e ragazzi, che fin da subito hanno accesso agli stessi contenuti degli adulti? Cinquant’anni dopo la scoperta di Bandura, proviamo a dare una risposta a questa domanda, anche alla luce di nuovi studi sugli effetti dei contenuti violenti sulla salute dei ragazzi.

Nel 2010 è stata condotta un’analisi che ha preso in esame tutti gli studi scientifici condotti su questo argomento. Le evidenze hanno suggerito che i videogiochi violenti sono un fattore di rischio che puó favorire l’insorgenza di comportamenti, pensieri e sentimenti aggressivi, e possono predisporre ad una mancanza di empatia e di comportamenti prosociali (ossia comportamenti d’aiuto verso gli altri). 

Sembrerebbe una condanna. 

Ma prima di sequestrare tutti i videogiochi ai nostri figli e vietargli di guardare Il Trono di Spade in tivú, bisogna indagare un pó piú a fondo. 

E investigando scopriamo che: gli studi esaminati sono stati condotti in laboratorio, i bambini hanno giocato ai videogiochi in un laboratorio e i test per vedere se la violenza avesse avuto un impatto sulla loro mente sono stati anch’essi condotti in laboratorio. La vita reale è diversa. Nella vita reale proviamo empatia per il nostro amico se si sente male, nella vita reale la nostra umanitá prevale su qualsiasi condizionamento avvenuto tramite i videgiochi. 

Ad un’analisi piú attenta, sembrerebbe che i bambini piú influenzati dalle immagini aggressive siano quelli che sono giá esposti ad altri fattori di rischio (ad esempio un ambiente familiare problematico, scarso supporto sociale, disturbi comportamentali preesistenti). Cinquant’anni dopo le sue scoperte, dobbiamo confermare quello che giá Bandura aveva detto: esiste anche un apprendimento che avviene per imitazione, ma è sbagliato pensare che i bambini imitino tutto ció che vedono. Non saranno aggressivi solo perché hanno assistito a comportamenti aggressivi. Esistono molte variabili che possono entrare in gioco e provocare anche una risposta opposta a quella attesa: il contesto in cui viviamo, l’attenzione (imitiamo maggiormente i comportamenti che attirano la nostra attenzione) e la motivazione (mettiamo in atto solo alcuni comportamenti, in relazione ai nostri obiettivi).

La veritá? É ancora presto per sapere se i videogiochi violenti abbiano o meno un impatto significativo sul comportamento: è un ambito di ricerca relativamente nuovo e abbiamo ancora pochi dati per arrivare ad una conclusione definitiva. Gli studiosi stanno ancora studiando per poter rispondere ai nostri dubbi e alle nostre preoccupazioni.

Alcuni risultati sembrano preoccupanti, ma gli studi condotti presentano molte criticitá che non ci permettono di avere certezze al riguardo.Io durante le scene eccessivamente violente mi copro ancora gli occhi e, in ogni caso, preferisco sempre Notting Hill a Jack lo Squartatore.



Riferimenti

Anderson, C.A., Ihori, Nobuko, Bushman, B.J., Rothstein, H.R., Shibuya, A., Swing, E.L., Sakamoto, A., & Saleem, M. (2010). Violent video game effects on aggression, empathy, and prosocial behavior in Eastern and Western countries: A Meta-analytic review. Psychological Bulletin, Vol. 126, No. 2.

Anderson, C. A., Carnagey, N. L. & Eubanks, J. (2003). Exposure to violent media: The effects of songs with violent lyrics on aggressive thoughts and feelings. Journal of Personality and Social Psychology, Vol. 84, No. 5.

Anderson, C. A., & Dill, K. E. (2000). Video games and aggressive thoughts, feelings, and behavior in the laboratory and in life. Journal of Personality and Social Psychology, Vol. 78, No. 4.

Ferguson, C.J. (2011). Video games and youth violence: A Prospective analysis in adolescents. Journal of Youth and Adolescence, Vol. 40, No. 4.


 

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