ASPETTATIVE ERRATE

le reali dinamiche dell'apprendimento


Oggi desidero condividere con te alcuni ragionamenti per capire in che modo le nostre aspettative, a volte poco realistiche, possano complicare le normali situazioni di vita insieme ai nostri figli, qualunque età abbiano.

Spesso queste aspettative si basano su convinzioni non corrette che noi adulti ci creiamo, un po’ perché pensiamo che il cervello di un bimbo o di un adolescente debba funzionare esattamente allo stesso modo di quello di un adulto, un po’ perché a volte leggiamo in modo leggermente falsato il nostro passato, ricordando i “nostri tempi” come periodi in cui noi, angelici bimbi di un’epoca passata, obbedivamo ed imparavamo diligentemente, senza proferire parola.

Torniamo al giorno d’oggi in cui noi, ex bambini modello, siamo diventati più grandicelli ed abbiamo, a nostra volta, creato i nostri splendidi pargoli.

E con loro si sono risvegliate tante emozioni: gioia, felicità, completezza, orgoglio, meraviglia e anche frustrazione, senso di impotenza, paura, tristezza, rabbia. Insomma, non ci facciamo mancare nulla.

Ora ti chiedo di pensare a tutte le volte in cui hanno prevalso gli stati d’animo più difficili.

Quando li vivi?

  • quando tuo figlio è in difficoltà
  • quando tuo figlio non sta bene, fisicamente od emotivamente
  • quando ha dei comportamenti che ritieni inadeguati
  • quando ti sfida
  • quando non ti ascolta
  • quando continua a sbagliare, nonostante tu glielo abbia spiegato mille volte
  • quando continua a proporre le stesse dinamiche difficili.

Per il momento non tratterò i primi due punti, ossia il caso in cui la nostra sofferenza dipenda dalla loro sofferenza.

Questo argomento merita un podacast specifico e totalmente dedicato.

Considero le altre situazioni.

Esempio.

Tuo figlio è attaccato al cellulare.

Te ne accorgi, gli parli dei danni che può provocare e giungete ad un accordo. Ne parlate a lungo e a te pare che lui abbia davvero capito a fondo il problema. Supponiamo anche che tu abbia trovato un modo davvero efficace di comunicare e far rispettare gli accordi presi (magari hai ascoltato il metodo 3x3)

Quindi, il giorno dopo, sei convinto che filerà tutto liscio. Ed invece?

  • Proverà comunque a non rispettare i tempi concordati
  • lo farà per svariati giorni
  • e pure si arrabbierà, come se la colpa fosse tua.

E a quel punto?

Tu diventi un fabbricatore incessante di emozioni quali frustrazione, rabbia, incredulità.

 

Hai un bimbo più piccino che proprio non ama andare a letto.

La sera si accende come una miccia e, anziché rilassarsi, trova tutte le scuse possibili per stare alzato: pipì, acqua, “ti devo dire l’ultima cosa”.

Anche in questo caso hai capito come fare. Ti sei informato, hai imparato a costruire una buona routine, l’hai comunicata con le competenze dei migliori oratori e sai anche perfettamente come gestire le difficoltà.

Sei un genitore curioso, disponibile ed informato e quindi hai appreso degli strumenti nuovi ed efficaci.

Eppure….

La tua creaturina, quando è ora di andare a letto, continua a fare il macello:

-avanza mille richieste

-si risveglia la memoria e ora gli sovviene che ha fame, sete e deve andare in bagno

-e poi un ultimo grattino, coccola, fiaba.

Anche in questo caso il nostro cervello si mette subito in moto e con instancabile efficacia produce frustrazione e rabbia.


Sai perché ti senti frustrato, arrabbiato, incredulo?

È tutta una questione di aspettative e di …informazioni errate.

Di quali aspettative parlo?

Le condivido subito con te:

1. La prima aspettativa piuttosto pericolosa è pensare che, siccome glielo hai detto, allora lui debba per forza avere imparato. Se stessi scrivendo il testo di una sit comedy, qui chiederei delle risate di sottofondo. Lo so, a volte la realtà assume toni crudeli, ma, devo proprio svelarvi un segreto: i bambini e i ragazzi non imparano con le parole. E spessissimo neppure noi adulti. Questo significa che non serve a nulla comunicare? Noooo, assolutamente no. Parla con tuo figlio, confrontati, ascoltalo, spiega. Semplicemente, non è sufficiente. Tutto ciò che gli dici, se lo comunichi bene, trova uno spazietto, più o meno importante, nel suo cervello. Solo che…l’azione è un’altra cosa. D’altronde, io spesso faccio questo esempio: quante volte ci hanno raccontato dell’importanza di una buona alimentazione e di un allenamento quotidiano? Magari anche una semplice passeggiata di venti minuti? Quanti di noi, pur avendo ben memorizzato questa informazione, rispettano questa semplice regola di vita?

Ciò che intendo dire è che, sebbene i nostri figli abbiano ascoltato e a volte pure interiorizzato i nostri discorsi, spesso non sono ancora competenti. Sapete cosa trasforma un adulto pigro in un instancabile camminatore? Purtroppo, spesso un’esperienza sulla sua salute. 

Quindi, caro genitore, ti suggerisco una convinzione più utile di quella sopra descritta: ho parlato a mio figlio e lui ha capito la teoria, ma ciò non è sufficiente. È necessaria un’esperienza.

Ad esempio: 

- è importante preparare la cartella la sera ed organizzarsi bene la mattina, per arrivare puntuali a scuola.

- Puoi giocare una mezzora col tuo videogioco solo dopo aver finito i compiti. 

Supponiamo che tu abbia spiegato questi due concetti, motivandoli in modo logico e coerente e comunicandolo in modo consapevole ed efficace.

Cosa ti aspetti? 

Che tuo figlio, dal giorno successivo, sia puntuale la mattina e sia organizzato nello svolgimento dei compiti.

Mi spiace essere io la messaggera di tristi novelle, ma ...difficilmente sarà così.

Lui ha bisogno, oltre che di informazione, anche di esperienza.

 

2. Seconda aspettativa poco realistica è che tuo figlio, dopo aver sbagliato una volta, sia diventato competente.

“E vabbè, ho capito che ha bisogno di esperienza, ma dopo che l’ha vissuta una volta ancora non basta?”.

Notizia pedagogica: no, non basta. Tuo figlio ha bisogno di esperienza e ha bisogno di viverla più volte.

D’altronde, caro genitore, tu quante multe hai preso in macchina? E non hai ancora imparato?

Così funziona il cervello: ha bisogno di vivere, ha bisogno di sbagliare, ha bisogno di sperimentare molte volte, ha bisogno di elaborare e poi, finalmente, impara.

Quindi che succede? Succede che noi genitori dobbiamo far vivere ai nostri bimbi e ai nostri ragazzi le loro esperienze, come momento fondamentale per la crescita. 

Se la mattina non riesce e a prepararsi in tempo, perderà l’autobus e dovrà gestirsi il ritardo, il disagio e la reazione dei professori. Uno, due, dieci volte. E no, non è una punizione. È una esperienza di vita senza la quale non può imparare. 

A volte non ci capacitiamo che lui abbia bisogno di ritardare e nel contempo siamo pronti, pur brontolando, ad evitargli le conseguenze, portandolo a scuola oltrepassando tutti i limiti di velocità, pur di farlo arrivare in orario.

Così gli evitiamo proprio quelle esperienze necessarie alla sua crescita.

Scrivo e divulgo questi concetti, sapendo perfettamente quanto sia difficile per noi genitori permettere ai nostri figli di vivere tutto ciò. Li amiamo con tutta l’anima e la tentazione di proteggerli dai disagi è enorme.

Solo che, se lo facciamo spesso, queste belle creature non hanno lo spazio per sperimentare e per crescere.

Quindi, metti il cuore in pace, ed accetta che il tuo bimbo o il tuo ragazzo abbia bisogno di ripetere molte volte le stesse esperienze per imparare.

Se non si organizza coi compiti e se non li finisce in tempo, non gli rimane lo spazio per giocare al videogames. Quante volte?

E chi lo sa? Lasciamogli l’esperienza di cui ha bisogno. 

Alcuni, dopo una volta, si mettono subito in riga, altri imparano subito, ma periodicamente regrediscono, altri ancora hanno bisogno di parecchie esperienze ripetute.

 

3.Terza aspettativa improbabile: ora che tuo figlio ha fatto più esperienze ed ha imparato, non sbaglierà più

Ok, sono davvero una guastafeste: tu sei stato bravissimo, hai comunicato in modo straordinario, gli hai lasciato lo spazio per sperimentare ed ora sei pronto a gioire perché tuo figlio ha imparato. 

Che c’è ancora?

C’è che i meccanismi dell’apprendimento non sono lineari e che, dopo aver imparato, è estremamente probabile che per qualche giorno torni indietro. È come se il cervello avesse bisogno di ulteriori conferme.

Accade anche a scuola o nello sport: imparano a fare un’evoluzione dopo mesi di allenamento, gioiscono, la svolgono perfettamente per qualche tempo e poi...blocco. Non riescono più.

Che fare a quel punto? È necessario fare un passo indietro, ripercorre l’iter di apprendimento e molto velocemente recuperano la competenza.

Quindi, dopo aver imparato a gestire i tempi della mattina e a fare i compiti nei tempi e nei modi più utili, tuo figlio tornerà ad essere in ritardo e a non avere il tempo per giocare.

Abbi pazienza, digli che queste dinamiche sono naturali, lasciagli la responsabilità di vivere questi momenti e goditi i risultati finali.

 

Condivido queste considerazioni con te perché se le nostre aspettative non sono realistiche è assai probabile che rimaniamo delusi e quindi frustrati e spesso arrabbiati.

Se invece ci informiamo sulle dinamiche dell’apprendimento, se stiamo accanto ai nostri figli sapendo esattamente che a loro non è sufficiente la parola, che hanno bisogno di numerose esperienze, che, anche dopo aver imparato, torneranno indietro, allora è più facile che le nostre convinzioni siano confermate e le il nostro stato d’animo sia più sereno.

A questo punto è più semplice ascoltarli e guidarli nella gentile fermezza.

 

Ovviamente, per trasformare queste esperienze in apprendimento, dobbiamo sapere cosa dire e cosa fare. Ma la cosa bella è che anche noi possiamo imparare, esattamente come loro: con le giuste informazioni, con l’esperienza, con mille errori, con grandi risultati, con qualche regressione ed infine con la grande soddisfazione di un risultato raggiunto.

 


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