come posso dare regole a mio figlio senza reprimerlo?

disciplina e libertà



Sapete qual è una delle maggiori difficoltà nel dare regole?

Un pezzettino di convinzione che cova dentro di noi e che interpreta le regole come una prigione, una repressione, un limite alla libertà, un’impossibilità di esprimersi liberamente.

Insomma, la regola evoca un aspetto repressivo che ci fa venire voglia di ribellione.

Ovvio che non è questo il luogo per analizzare la validità di ogni norma, ma desidero condividere con voi un altro modo di pensare alle regole. Perché?

Perché una delle domande più frequenti che mi arriva risuona più o meno così:

come posso dare regole a mio figlio senza reprimerlo?

  • Prima indicazione: impariamo a concepire le regole come libertà.

La maggior parte di esse hanno proprio una funzione contraria alla repressione: sono una via verso la libertà. Se possiamo andare in giro in macchina senza rischiare incidenti ogni 5 secondi è grazie al codice stradale. Se possiamo camminare per strada con una sorta di serenità, è perché ci sono leggi che ci tutelano ed impediscono comportamenti pericolosi. I luoghi poco sicuri sono proprio i luoghi in cui non si fanno rispettare le regole.

Ogni volta che diamo una regola a nostro figlio gli stiamo insegnando una competenza che lo renderà più libero. Se gli insegniamo a guardare la tv senza esagerare o gli mettiamo dei limiti su cellulare e play station, lo aiutiamo a sviluppare la competenza di utilizzarli con consapevolezza, senza che si faccia del male, senza che diventi prigioniero di dipendenze (quelle sì che mettono in prigione) e lo rendiamo libero di godersi intelligentemente gli strumenti tecnologici. Se insegniamo ai nostri figli a non alzare le mani quando sono arrabbiati, li rendiamo liberi di confrontarsi con gli altri gestendo i contrasti in modo sano. Ogni buona regola (buona significa pensata, analizzata e contestualizzata) comporta lo sviluppo di una nuova competenza e regala un pezzetto di libertà in più.

Potrei fare altri mille esempi. Se insegno ad un figlio adolescente a gestirsi le uscite, nel rispetto degli orari e dei comportamenti da tenere quando è fuori, gli regalo la libertà di uscire. Se quando è fuori non rispetta gli orari, non è reperibile o si comporta in modo inadeguato mettendosi in pericolo e non rispettando gli altri, ovviamente la volta successiva faccio più fatica a permettergli di andare fuori. Succede anche a noi adulti: se quando usciamo facciamo del male agli altri o alle cose, la nostra libertà viene immediatamente limitata. 

Se un bimbo piccino utilizza la forbice rispettando le regole che gli insegno, per poter tagliare le cose adeguate senza farsi del male, è libero di utilizzarla. Se non rispetta le regole di un buon uso, devo metterla via. 

Buone regole=competenza=libertà.

Non è facile dire di no ad un figlio, non è facile far rispettare le regole gestendo la sua frustrazione e il suo dispiacere (torneremo sull’argomento), ma se, mentre gli insegno la regola, mi ripeto che lo sto aiutando ad evolvere, ad imparare, a sviluppare nuove competenze, a renderlo più libero…beh è un pochino più facile.

  • Seconda indicazione: ciò che reprime il bambino spesso non è la regola (sappiate che i bimbi hanno bisogno di disciplina per crescere serenamente), ma il modo in cui questa viene comunicata e fatta rispettare. 

Ciò che reprime un figlio sono i litigi, le offese, le parole pesanti, le etichette. Non il contenuto della regola. Quindi, per non reprimere, ma per far crescere i nostri figli nella libertà di esprimersi, dobbiamo imparare a dare bene le regole, con gentile fermezza.

  • Terza indicazione: accogliamo l’intenzione e l’emozione che stanno dietro al comportamento “sbagliato” (per chi ascoltasse il podcast senza leggere l’articolo, sappiate che “sbagliato” è fra virgolette. È letteralmente giusto e naturale che i figli propongano dei comportamenti che non rispettino le regole).

 Quando insegno la regola, ad esempio, di non alzare le mani o di comunicare con rispetto, è fondamentale contenere il comportamento, ma riconoscere i motivi della rabbia del figlio. Contengo l’azione, ma non critico i suoi giusti motivi di frustrazione. E sì sono giusti, giusti per lui. E vanno riconosciuti. La rabbia, non le botte. In questo modo insegno un buon comportamento sociale senza reprimere la sua parte emotiva. Non reprimo un figlio insegnandogli a non picchiare, lo reprimo quando gli dico “sei stupido se ti arrabbi per questo motivo”.

  • Quarta indicazione: se è possibile, troviamo un’alternativa, soprattutto coi figli più piccini. 

“Non puoi scrivere sui muri, ma ecco il foglio in cui puoi usare i tuoi colori”.

Spesso i limiti sono difficili perché i nostri tatini (e spesso pure noi adulti) non hanno alternative e non sanno in che altro modo soddisfare quel desiderio. Se segnalo il divieto di accesso di una strada, ho bisogno di indicare un percorso alternativo.

Impariamo quindi a dare bene le regole e godiamoci dei figli competenti e liberi.


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