Episodio 1 di Maya: mi presento

sono Maya, Maya Gentilin, e sono una mamma disperata

Sono Maya, Maya gentilin, e sono una mamma disperata.

Disperata e spesso sconcertata.

Sconcertata 

  • non dai miei figli (e vi assicuro che spesso pianificano azioni che stupirebbero un buon numero di umani)
  • non da mio marito (le cui proposte educative a volte sono al limite della legalità)
  • non dai nonni (che propongono soluzioni piuttosto…curiose), ma da ME STESSA.

Non mi è chiaro come da uno stesso cervello possano scaturire pensieri così dissonanti: alterno momenti in cui guardo i miei figli con occhi adoranti e cuore straripante di amore incontenibile, a momenti in cui pianifico segretamente la mia fuga.

Lo so, non sono cose da dire, e neppure da pensare.

Ma LUI, il traditore, il mio anarchico cervello, fa quel cacchio che vuole e ci sono giorni in cui proietta immagini di me, da sola, in silenzio, in un posto sperduto del pianeta terra, o forse di un pianeta altro.

In realtà, lavoro a parte, fatico ad andare a prendere un caffè senza i miei ragazzi, un po’ per motivi organizzativi, un po’ per sensi di colpa, un po’ perché, appena termino il lavoro, sento solo il desiderio di stare con loro.

Forse avrei dovuto scrivere: 

sono Maya, Maya Gentilin, e sono una mamma incasinata.

Lavoro in un'azienda che produce borse di brand particolarmente costosi e che io non potrei mai permettermi: ogni singolo pezzo costa dai 3 ai 6 stipendi.

Sono un’impiegata dell'ufficio di risorse umane che raggiungo ogni mattina come se tagliassi il traguardo di un’ultramaratona: arrivo di corsa, affannata, con lo sguardo all’orologio che, impietoso, mi ricorda il mio eterno ritardo.

ho provato a svegliarmi prima, a preparare i vestiti la sera, ad offrire colazioni liofilizzate, ma nulla: uscire di casa puntuali con tre figli sembra una missione impossibile.

Le “crudeli” creature che mi impediscono la regolare timbratura sono tre, frutto del desiderio e dell’amore, tutte amate ed accudite con attenzione e tutte incredibilmente…ANARCHICHE.

Alla faccia della PEDAGOGIA che sostiene che con l’affetto e l’accudimento si crescono figli sereni e collaborativi.

Vorrei conoscere i divulgatori di simili menzogne.

Forse loro non conoscono i piccoli umani in questione:

  • Francesco, un 14enne, sensibile ed intelligente, il cui ormone adolescenziale mina il suo equilibrio emotivo;
  • Stefania, la mia principessa di 7 anni, che spesso si trasforma in un ninja;
  • Enrico, una creatura diabolica di 4 anni, che cela dei superpoteri inaspettati dietro due occhioni azzurri ed un faccino fintamente innocente.

La mia domanda esistenziale è piuttosto semplice.

Prologo: sono una persona piuttosto gentile, ho una cultura media e parlo correttamente l’italiano.

Giuro che so esprimermi e riesco a dare una forma sufficientemente chiara ai miei pensieri.

I miei figli sono dotati di un udito straordinariamente sensibile, capace di captare informazioni segrete, bisbigliate sommessamente fra me e mio marito in cucina con la porta chiusa.

Forse più che di udito sensibile potrei parlare di udito selettivo: se li chiamo con voce tonante per fare i compiti od apparecchiare la tavola, soffrono di una grave forma di sordità.

Se sussurro che possono giocare alla play, si attivano i sensi di Ragno.

Posso quindi affermare con certezza che le capacità uditive dei miei figli non siano compromesse, quantomeno non sempre.

La mia domanda quindi è:

perché NON FANNO QUELLO CHE DICO????????

Chiedo l’aiuto dell’omnisciente Google e digito letteralmente la mia domanda e…come una sorta di magia mi appare un podcast.

Forse un piccolo segno dell’universo, un messaggio di consolazione e di speranza.

Clicco su play ed ascolto.

 

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