Episodio 15 di Maya: dottor Jekyll e mister Hyde

quando i figli ti stupiscono...


Se Stevenson non fosse vissuto nell’800, penserei seriamente che il suo racconto sullo “strano caso di dottor Jekyll e mister Hyde” sia stato ispirato dalla mera osservazione della mia prole.


Essendo io una grande esperta di riunioni materne davanti alle scuole, sento spesso i commenti delle genitrici che si suddividono in due gruppi:


- “mio figlio è un disastro, non ne posso più, lo abbandono al primo autogrill”;

oppure

- “mio figlio è meraviglioso, il più bello, il più bravo, il più intelligente dell’intero universo”.


Insomma, le madri si suddividono in 

- disperate , convinte che stiano espiando qualche colpa ancestrale attraverso una prole ingestibile,

e

-prescelte, convinte di aver generato supereroi non umani.


E poi ci sono io, che vi scrivo per avere un po' di comprensione e per capire se io sia un’anima solitaria che vaga incompresa nei sentieri dell’universo o se fra voi c’è qualcuno nelle mie condizioni.


Io non ho figli disastro e non ho figli supereroi.

Io produco esserini dotati di personalità multiple che si trasformano come camaleonti e prendono le sembianze di creature ingestibili o creature talentuose, a seconda delle situazioni.

E io, madre incredula e sgomenta, ascolto le descrizioni di educatori, insegnanti ed allenatori cercando di capire quale aspetto del mio figliolo stia emergendo.

Devo essere sempre pronta a tutto, perché potrei ricevere qualunque feedback. E quando dico qualunque, intendo dire che non vi è alcuna possibilità di prevedere i termini del colloquio.

E poi mi vengono a dire che fare il genitore non è complicato. 

Che me lo vengano a dire in faccia, se hanno il coraggio.


Ormai conoscete Enrico, creaturina fatta di sorrisi, capricci, energia, creatività ed affetto. Terzogenito che ha imparato varie forme di intelligente furbizia per ottenere tutto ciò che desidera.

Passa tranquillamente da occhioni azzurri e sorrisi innocenti, a teppista insolente e sfidante. Un genio.

Bene, a scuola pare che non ami particolarmente le regole, che tenda ad essere un "gigino" monello, che , se c'è da rompere un pochino gli schemi, bé, ci vada un po’ a nozze.

Le sue maestre sono dei tesori, sono evidentemente innamorate di lui, ma nel contempo a volte non ne possono più. Lo chiamano “la trottola”, il che definisce il suo stato in perenne movimento.

Ne abbiamo parlato a lungo, non sono certa che questo soprannome gli faccia un gran bene, perché mi sembra che oramai abbia un ruolo ben preciso nel suo gruppo classe. 

Comunque Enrico indubbiamente è un bimbo curioso, sempre disposto a scoprire le attività che le maestre propongono, è attivo, risponde alle domande, partecipa a qualunque proposta, ma, quando c'è da attendere, da aspettare, da stare al proprio posto, da fare silenzio….insomma, dimostra delle aree di miglioramento.

E le cose non sembrano migliorare: diventa ogni giorno una trottolina sempre più veloce e reattiva.


Da poco tempo l'ho iscritto in palestra, a ginnastica artistica, su consiglio di una mia amica che lo ha visto esibirsi su un tappeto elastico, e da brava trottola, appunto, stava dimostrando il meglio di sé.

Il suo allenatore è un uomo piuttosto severo, che mi fa pure un po’ di paura. Dopo un mese ha chiesto di parlarmi e io ho cominciato subito ad ipotizzare le mie più sentite scuse per il comportamento leggermente anarchico del piccolo. La trottola anarchica appunto.


Signora, suo figlio sembra avere una predisposizione naturale per questo sport, apprende molto facilmente, ma soprattutto sembra avere il doppio della sua età: è attento, concentrato, ascolta le correzioni con molta maturità, è un talento per quanto riguarda le capacità motorie, ma è soprattutto maturo nell'ascoltare il coach e tutte le consegne, che in questo sport sono importantissime per evitare tutti i pericoli dell’acrobatica. Vorremmo passarlo nel gruppo dei bimbi più grandi.”.

Ok, ora vi confesso un pensiero indegno per una madre. Ho pensato seriamente che avessero sbagliato bambino.

E ho fatto una cosa imperdonabile. Ho tirato fuori il mio cellulare e ho mostrato una foto di Enrico dicendo “è questo mio figlio”.

Giuro, mi aspettavo che si scusasse e dicesse “signora, deve esserci stato un errore , io pensavo fosse la mamma di Luigino”.

Ero pronta a dire addio al mio momentaneo attimo di gloria per riprendermi il mio ruolo di “genitore di trottola”.

E invece no. L’allenatore mi guarda incredulo, non capendo il significato del mio gesto e mi dice: “certo, lo so. È un mio allievo e stiamo per l’appunto parlando di lui”.

Nel suo guardo noto il sospetto di una mia instabilità mentale.

Come faccio a dirgli che questa versione del mio tatino io non la conosco?

Ma come è possibile che una stessa creatura dimostri lati del carattere così diversi in base ai contesti e alle persone?

Ma sono l’unica a produrre esserini così...volubili?

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