E niente.
In questo periodo mi viene proprio da parlare di nonni.
Che sia chiaro: nonni che io adoro, nonni che io ringrazio, nonni a cui sono grata per avermi dato la vita, nonni che adoro per aver creato quel gigantesco cromosoma y, dispensatore di scarpe e calzini in giro per casa, e che è il mio insostituibile compagno di viaggio. Nonni che a volte sembrano perdere qualunque briciola di buon senso nell’educazione dei nipoti. Misteri della mente!
È chiaro che in un mondo perfetto mi immaginerei quattro nonni, due genitori, una decina di zii, insegnanti, educatori, allenatori, tutti allineati nello stesso stile educativo, tutti che dicono ai bimbi le stesse identiche cose, tutti che credono negli stessi valori, e tutti che sono perfettamente in accordo gli uni con gli altri.
Ho un lecito sospetto che questo mio quadretto sia un tantino utopistico.
E quindi, mentre la scorsa volta vi ho raccontato le eroiche peripezie dei nonni materni, mentre cercano di consolare un disperato Enrico, in grave pericolo di vita a causa di una pericolosissima astinenza dal suo gelato preferito, oggi, per par condicio, vi racconto cosa vedono i miei occhi quando vado a prendere le ormai note creaturine, a casa dei nonni paterni.
La scena è più o meno sempre la stessa: suono il campanello, entro e i tre figlioli non girano neppure il bulbo oculare per salutarmi. Rimangono spiattellati in divano, mentre mangiano cose improbabili, distribuendo briciole ovunque senza il minimo decoro.
Accanto a loro, due signori coi capelli bianchi che, anziché redarguirli per lo sporco ingiustificabile, chiedono con sguardo adorante e voce melliflua: “Avete ancora fame? Desiderate qualcos'altro? Volete che vi porti una fetta di torta che la nonna ha appena fatto?”.
Ma queste sono scene di qualche romanzo distopico?
Ora io capisco che i nonni possano viziare i bambini, capisco che il loro ruolo sia diverso dal nostro, capisco che abbiano già educato il pargolo che mi sono sposata ( e lo hanno educato pure bene, a parte la svista dell’ordine), ma davvero bisogna arrivare a servire quintali di glucosio sopra al divano?
Cosa impedisce ai nipoti di sollevarsi dal divano dei nonni, di pulire le briciole, di mettere in pausa un programma per andare al tavolo?
Stiamo parlando di Netflix, dotato di pulsante di pausa e pieno zeppo di programmi che possono essere guardati e riguardati in qualunque momento.
La follia è che quando questi stessi umani educavano noi, ci chiamavano a tavola senza nessuna possibilità di negoziazione e ci facevano spegnere gli episodi dei nostri cartoni preferiti senza alcuna possibilità di recupero.
Dovevamo aspettare il giorno successivo per guardare l'episodio seguente, anch’ esso interrotto per quella maledetta cena. Punto. Senza alcuna possibilità di rivedere le puntate perse. Senza alcuna possibilità di negoziare.
Sabrina i nostri piccoli possono sopravvivere di fronte a questi esempi educativi così differenti?