FIGLI CHE SI CHIUDONO, FIGLI CHE ASCOLTANO

la comunicazione respingente e la comunicazione attraente


Il nostro cervello ha due tendenze contrapposte, ma entrambe fondamentali per vivere: una parte è costantemente in allerta, controlla l’eventuale presenza di pericoli e ha la funzione straordinaria di proteggerci e garantirci la sopravvivenza.

Questa prima parte del cervello ha permesso all’uomo primitivo di sopravvivere alle situazioni più impervie e nel corso di milioni di anni si è superallenato a riconoscere tutti i segnali di eventuali minacce. È un radar sensibilissimo a cui basta percepire uno sguardo, un movimento, un tono della voce, un rumore, a volte anche solo una sensazione per far scattare l’allarme. Solo così ha permesso all’uomo di scappare dai pericoli, o combatterli o risolverli.

Un’altra parte invece è alla ricerca della socialità, del gruppo, dello stare insieme. Anche questo aspetto ha permesso ai nostri antenati di sopravvivere, perché solo il condividere le situazioni, condividere i ruoli, condividere le idee ha permesso loro la sopravvivenza in contesti estremamente impervi. Solo in questo modo sono riusciti a proteggersi reciprocamente, a cacciare, a raccogliere, a provvedere alla prole. Il gruppo e i ruoli hanno permesso loro di affrontare le difficoltà e trovare soluzioni.

Un uomo, da solo, non sarebbe stato in grado di vivere a lungo.

Noi oggi abbiamo ricevuto in eredità questi due cervelli: uno in allerta, attento, pronto alla reazione veloce, che immediatamente risponde con la chiusura, o l’attacco o la difesa; l’altro aperto, disponibile, in cerca di relazione, di condivisione, di gruppo, di socialità, di ricerca dell’altro.

Quando noi comunichiamo abbiamo il potere di stimolare nel nostro interlocutore uno dei due cervelli:

  • Possiamo stimolare la sentinella guerriera e quindi la sua voglia di difendersi, di chiudersi e di attaccare
  • O possiamo stimolare la sua parte sociale, pronta ad ascoltare, ad aprirsi, a condividere, ad imparare, a confrontarsi, a cercare una relazione.

Pensiamo al ruolo di noi genitori.

È evidente che anche i nostri figli siano i discendenti dei nostri comuni antenati e, ahimè, anche loro hanno entrambe queste tendenze: quindi sono attenti ai pericoli, quindi sono affamati di relazione. E noi adulti, tanto per cambiare, abbiamo la responsabilità ed il potere di attivare una delle due parti.

 

Noi genitori abbiamo la possibilità di attivare una comunicazione RESPINGENTE o una comunicazione ATTRAENTE.

Ebbene sì, il cervello delle nostre meravigliose creature non è una pallina impazzita (o almeno, non sempre). Loro semplicemente reagiscono a ciò che percepiscono: se fiutano pericolo rispondono in un modo, se avvertono relazione empatica rispondono in un altro.

 

Ora, è chiaro che anche noi adulti abbiamo tutti i nostri buoni motivi per comunicare a volte in modo assai respingente: un momento di rabbia, di frustrazione, di delusione, di paura o di stanchezza è facile che ci spingano a comunicare con tutte quelle modalità che attivano la sentinella guerriera di bimbi e ragazzi.

Ore di capricci serali, bimbi che non vogliono dormire, compiti non svolti, ragazzi attaccati ai videogiochi, cellulari bollenti, camere in disordine, unite a ore di lavoro, parole inascoltate e tanta stanchezza possono dare origine a urla, offese, prediche, punizioni e litigi contro i figli.

La cosa fondamentale però è essere consapevoli che, se per noi genitori è naturale cadere in queste situazioni, per i nostri figli è assolutamente ovvio reagire a questa comunicazione in modo coerente.

Se adoperiamo una comunicazione respingente loro giustamente reagiranno con quella chiusura, quell’attacco e quella difesa che il loro cervello, che deve proteggerli dal pericolo, impone.

Se invece comunichiamo in modo attraente è più facile che loro si aprano alla relazione.

Sapete perché condivido tutto questo con voi?

Perché una delle pretese più improbabili di noi genitori è pensare di avere una reazione di ascolto, relazione e disponibilità di fronte alle nostre urla.

Se noi attacchiamo, il cervello dei nostri ragazzi ci percepisce come un pericolo e quindi reagisce di conseguenza.

Spesso i genitori che vengono da me mi dicono “cavolo Sabri, non è possibile esser sempre calmi e disponibili coi figli. E poi qualche litigata non fa male”.

Ora, non sta a me definire cosa sia giusto o sbagliato, e ogni genitore decide quale comunicazione instaurare coi propri pargoli.

La cosa importante è la coerenza: se usate una comunicazione respingente aspettatevi la reazione coerente e logica.

“sì mamma, sì papà, ora penso a quello che mi avete detto. Ci rifletto e poi vi dico. Oppure: non ci avevo pensato, ora ho capito”, sono reazioni che escludo a priori se attivo la sentinella guerriera del cervello di mio figlio.

 

Quindi che fare?

  1. Come prima cosa vi suggerisco di individuare tutte le caratteristiche della comunicazione respingente: l’accusa, l’urlo, la predica, la colpevolizzazione, la lamentela continua, l’aggressività, la pesantezza…
  2. In secondo luogo individuiamo le caratteristiche della comunicazione attraente: empatia, generosità, simpatia, ironia, domande curiose, richiesta del punto di vista dell’altro, ascolto, tono della voce sereno, rispetto
  3. In terzo luogo vi suggerisco di utilizzare la modalità che ritenete più utile, ma con consapevolezza, ossia sapendo perfettamente quale parte del cervello di vostro figlio stiate stimolando
  4. In quarto luogo: creiamoci delle aspettative adeguate, ossia è importante essere pronti alla difesa e all’attacco quando utilizziamo le prime modalità, mentre invece possiamo sperare in una relazione disponibile quando utilizzo la seconda strada.

Insomma, capiteranno volte in cui tu genitore ti sentirai in diritto di esprimerti in modo respingente perché sei nervoso, stanco, arrabbiato, frustrato e deluso. Se lo fai con consapevolezza e sai perfettamente quale reazione stai stimolando, è più facile per te accettare anche le conseguenze.

A volte a noi capita di urlare e di stupirci perché nostro figlio non è disponibile ad accettare di buon grado ciò che gli stiamo insegnando e quindi ci arrabbiamo ancora di più. 

La comunicazione respingete respinge.

Facile no?

Se voglio attrarre….dovrò usare una comunicazione attraente.

È quasi banale come concetto teorico, un po’ meno semplice l’attuazione, ma, come sempre, la conoscenza è il primo passo per le scelte consapevoli.

Attenzione. Avere una comunicazione attraente non significa assolutamente essere accondiscendenti, accettare tutto ciò che i figli fanno, accontentarli nei loro desideri.

Ricordiamoci che i nostri figli hanno bisogno di una guida autorevole, di limiti e di regole. È fondamentale per la loro crescita sana ed equilibrata.

La nostra grande sfida?

Dare regole con una comunicazione attraente (ascolta il metodo 3x3)


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