IL RUOLO DEL GENITORE

come aiutare nostro figlio a scalare la vetta della sua vita

Da molti anni io e i miei figli amiamo trascorrere l’ultimo week end di agosto in montagna.

È il nostro modo per salutare l’estate passata e per aprire le porte ad un nuovo anno scolastico e lavorativo.

Sono due o tre giorni passati in compagnia di altre persone, in cui ognuno è libero di passare il tempo come più gli garba: prendere il sole, fare brevi passeggiate, visitare i paesi vicini, acquistare ai vari mercatini o ... fare escursioni eroiche arrampicandosi su sentieri impervi fino a raggiugere rifugi improbabili.

Per chi mi conosce è facile indovinare il mio passatempo preferito: adoro lo sport, la fatica e la montagna. Metti insieme i tre ingredienti e scopri le mie giornate altoatesine.

Vi racconto tutto questo perché le dinamiche delle mie scarpinate mi rievocano il ruolo di noi genitori.

No, non sto dicendo che per essere dei bravi genitori dovete arrampicarvi su per i monti per almeno 8 ore al giorno. Ci mancherebbe. 

Mi spiego meglio.

Di solito la giornata si svolge in questo modo: io mi sono sempre accodata al gruppo degli instancabili montanari, mentre i miei figli, fino a qualche anno fa, guardavano con invidia il gruppo che sarebbe stato in albergo ad oziare per tutto il giorno, con una piccola interruzione per andare al ristorante a mangiare, e poi di nuovo in stanza, in compagnia di cellulare e tablet.

Una giornata ideale per loro.

Ma io, che sono un genitore assai crudele, ho sempre insistito perché venissero con me.

Quando erano più piccini brontolavano abbondantemente ed erano una compagnia piuttosto rumorosa per il primo pezzo di cammino.

La scarpinata era spesso difficile, oltre che lunga e faticosa. C’erano momenti in cui avrebbero voluto mollare, sognavano di tornare in stanza, magari erano pure un po’ scocciati con la sottoscritta. 

A quel punto non mi rimaneva che portare pazienza, capirli, accettare il loro stato d’animo. E poi dovevo capire cosa fossero in grado di fare e cosa fosse troppo complesso. Era necessario aiutarli, poi far prendere fiato, e motivarli. A volte distrarli, giocare, raccontare. E poi ancora sostenere la fatica, mostrare i progressi ed infine...gioire immensamente una volta raggiunto il rifugio, dove ci aspettava uno di quei pranzetti semplici, ma che, gustati in alta quota, sono il cibo più delizioso che si possa gustare.

Una volta tornati in stanza ci si lavava, ci si riposava e si chiacchierava della nostra impresa.

Ma la parte più bella era a cena, quando ognuno raccontava la propria giornata e, chi aveva passato il tempo in camera, ascoltava i nostri racconti con una briciola di rimpianto per non essere venuto, mentre chi aveva i piedi gonfi e pieni di vesciche portava con sé una soddisfazione immensa per l’impresa portata a termine.

Ovviamente, ci tengo a precisare, ognuno in montagna deve fare ciò che più gli piace e fare escursioni faticose è semplicemente una scelta di piacere. 

Uso questo racconto solo come metafora: decidere di portare i figli a raggiugere una cima significa non abbandonarci al piacere immediato, fare fatica e raggiugere una soddisfazione più piena.

È chiaro che per un ragazzo è più semplice stare in stanza col cellulare.

Ma secondo voi, chi era più felice la sera a cena?

È chiaro che per un genitore è più semplice accontentare il ragazzo e farlo stare a bivaccare a letto.

Ma chi avrà passato una giornata da ricordare per il resto della vita?

Ripeto, questo racconto non c’entra nulla con le scelte che facciamo in vacanza.

Questo racconto vuole essere un’immagine simbolica del ruolo del genitore:

il nostro ruolo è quello di ascoltare i desideri dei nostri figli e a volte non accontentarli, perché sappiamo che è necessario scegliere un sentiero più faticoso per la loro felicità, che va ben oltre il piacere immediato.

E nel far questo non è sufficiente obbligarli, predicare, arrabbiarci.

È necessario spiegare, essere fermi, motivare, sostenere, accompagnare, non mollare, portare pazienza, faticare, ovviamente per poi gioire insieme a loro.

Quando un ragazzo vuole stare in camera tutto il giorno davanti al pc qual è il nostro compito?

Dobbiamo mettere regole, dare dei tempi, farli rispettare e nel contempo trovare soluzioni, fare qualcosa insieme se è possibile. Solo così gli permettiamo di raggiugere le sue competenze e la sua vetta.

Quando un bimbo non vuole fare i compiti e desidera stare davanti la tv, qual è il nostro compito? Accontentarlo o fargli scalare la sua piccola montagna con pazienza, motivazione, aiuto, fermezza e gentilezza?

Quando desidera comprarsi ciò che non gli è utile qual è il nostro compito?

Anche qui abbiamo bisogno di indicargli un sentiero più faticoso, ma più utile nella vita per esser felice.

 

Ogni volta che siamo chiamati a mettere regole, a dire dei no, a porre dei limiti…diventiamo dei genitori che aiutano i loro figli a scalare la montagna del loro successo. Perché solo così sviluppano competenze, imparano la fatica, raggiungono obiettivi, sperimentano una felicità più profonda.

Quando i ragazzi hanno passato la giornata a giocare al pc e si ritrovano la sera senza i compiti, hanno preferito il piacere immediato. Ma quando vanno a letto non sono felici. Affatto.

E perché non ci possono pensarci da soli?

Perché dobbiamo essere noi genitori a dare regole e a dire di no?

È la natura che ci ha regalato questo ruolo, confermato anche dallo sviluppo neurobiologico dei nostri bimbi.

Sai qual è l’ultima parte del cervello che si sviluppa? La corteccia prefrontale, che termina la sua maturazione dopo i vent’anni d’età.

La corteccia prefrontale è la parte del cervello che consente di leggere le conseguenze delle azioni, di autocontrollarsi, di posticipare il piacere immediato per un obiettivo più importate.

I nostri figli, che siano piccini o che siano adolescenti, non hanno ancora questa competenza.

E chi ha il compito di leggere per loro le conseguenze e di guidarli verso obiettivi più a lungo termine?

Esatto, proprio noi genitori.

È come se loro fossero stati costruiti per passare la loro vita in stanza d’albergo col la tv e il cellulare. Con la prospettiva di arrivare a sera svuotati ed insoddisfatti.

In nostro ruolo è quello di portarli a scalare, con fermezza, decisione, rispetto ed empatia. Perché solo così, a fine giornata, saranno fieri di ciò che hanno fatto. E pure competenti e felici.

 

E no, non è semplice. Non è semplice esserci, dire di no, dare regole, consolare, aiutare, motivare.

Non è semplice non dare i cioccolatini ad un bimbo che piange, spegnere la tv ad un figlio urlante, dare tempi regole per l’uso del cellulare ad un adolescente arrabbiato.

Ma il nostro compito è quello di prenderli per mano e fare quella scalata.

Il nostro compito è quello di affrontare quella fatica con tutta la serenità e l’energia possibile.

Il nostro compito è quello di permettere loro di raggiugere la vetta.

 

 

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