Spesso i genitori mi segnalano un problema: l’autostima dei loro figli.
Ma cosa significa davvero? Condivido con te qualche riflessione, su cosa significhi veramente questa frase:
Molti bambini e ragazzini vengono descritti come insicuri, con una percezione incerta di sé. Hanno paura di sbagliare, di non essere “abbastanza” o di deludere qualcuno.
Questa insicurezza, a volte, li porta a decidere non in base ai propri desideri, ma per compiacere gli altri – amici, genitori, insegnanti.
Si tratta di un tema piuttosto complesso che merita alcune riflessioni: da un lato, è normale che i bambini siano pieni di dubbi. Noi adulti dobbiamo rivedere le nostre aspettative: non possiamo pretendere che un bambino sia sempre sicuro di sé o agisca con idee chiarissime.
I dubbi sono sani: non solo nei piccoli, ma per tutta la vita, è giusto riflettere prima di agire, considerando anche l’impatto sugli altri. Un’autostima ben costruita non elimina i dubbi.
Il rischio ovviamente sono gli estremi: un’ insicurezza che porti il tatino ad avere una paura bloccante del giudizio di chiunque, o, al contrario, un tatino che non si pone domande, che agisce solo per sé senza curarsi degli altri: in tal caso non si parla di sicurezza, ma (in caso di adulti) di arroganza, o (in caso di tatini) di inconsapevolezza.
La ricetta dell’autostima è delicata e flessibile, è un mix equilibrato di pensieri funzionali che comprendono: una buona percezione di sé, la consapevolezza del contesto e la capacità di farsi le giuste domande senza esserne paralizzati.
Prima di etichettare un bambino come “poco sicuro”, osserviamolo con occhi meno utopistici. Non tutti i timori sono un problema: alcuni sono solo fasi di crescita, altri sono super utili, altri ancora fanno parte di un temperamento più introverso che necessita di qualche analisi in più.
Ciò detto, dobbiamo anche ammettere l’effettiva esistenza di splendide creature particolarmente spaventate dalle loro scelte. Vivono con l’ansia di sbagliare o di essere giudicati, come se ogni passo fosse un errore da evitare.
Il nostro ambizioso obiettivo educativo dovrebbe essere quello di insegnare ai bambini a fare scelte senza arroganza, ma anche senza il terrore di deludere. Il dubbio è intelligente, purché non diventi paralisi.
Perché questi tatini crescono con un timore così importante del giudizio e con questo desiderio di avere la conferma degli altri?
Come sempre le motivazioni sono molteplici e un semplice podcast non può avere la pretesa di un’analisi dettagliata.
Perciò oggi mi focalizzo solo su uno degli aspetti, che, giusto per essere un filino originali, riguarda noi genitori. Così, tanto per cambiare un pochino.
Ora la dico tutta in un fiato: spesso i genitori di creauturine con questo tipo di insicurezza, sono genitori un filino rigidini, con un pensiero che lavora con un sistema binario:
giusto-sbagliato,
c'è solo una via corretta,
le certezze sono assolute,
se ti comporti in modo coerente a quel pensiero, sei bravo, altrimenti sei sbagliato.
Non esistono verità relative, non esistono punti di vista, non esistono scelte diverse, esiste solo una possibile strada giusta.
Non è difficile vedere commenti sui social, o post, o ascoltare discussioni, in cui ognuno si fa paladino di un’unica verità assoluta ed un unico punto di vista: il proprio.
Questa modalità di pensiero tende a creare un clima piuttosto plumbeo: si crea un atteggiamento di pesante critica dove l’approvazione arriva solo se segui “quello che dico io” e la disapprovazione piomba se sgarri. Immagina di vivere così: ogni passo è un test, ogni scelta un rischio di essere giudicato “sbagliato”.
Chi cresce in questo clima – non solo i figli, ma chiunque si avvicini – finisce per chiedersi sempre: “Sto facendo bene o male? Avrò la loro conferma o la loro critica?”. È un modo di vivere faticoso, che lascia poco spazio alla libertà, alla sperimentazione, all’analisi, ad un pensiero un filino divergente.
Detto fra noi, anche per gli adulti è faticoso chiacchierare con questi personaggi, perché due idee diverse non possono mai coesistere ed ogni discussione si traduce in una lotta per la supremazia della ragione assoluta.
Sono personaggini poco curiosi, che non ascoltano, non fanno domande, non cercano di comprendere un diverso processo di pensiero. Ascoltano pochissimo e stanno già elaborando la risposta da dare, che ovviamente andrà a schiacciare le opinioni diverse.
Non so cosa ne pensi, ma la trovo una dinamica estremamente faticosa e noiosa.
Qual è l'alternativa alla rigida critica?
Il pensiero critico. Figo questo gioco di parole.
Potemmo costruire una sorta di slogan del tipo: no alla rigida critica, sì al pensiero critico.
Mammamia, ma come mi vengono in mente queste cosacce?
Dunque, torniamo al pensiero critico che include:
Valori chiari, ma flessibili: tutti abbiamo idee di giusto e sbagliato, basate su cultura, valori, convinzioni. Ma ciò che scegliamo, non necessariamente deve essere assoluto.
Spazio ai punti di vista: esistono diversi occhiali, punti di vista, scelte, analisi, gusti, sensibilità.
Un approccio che educa: con il pensiero critico, tuo figlio non si limita a obbedire per paura. Impara a ragionare, a scegliere, a sperimentare, sapendo che non c’è un solo “giusto” assoluto.
Il pensiero critico arricchisce tutti gli interlocutori, permette il confronto, non ha bisogno di urlare, non ha bisogno di avere ragione.
Ma ora passiamo a degli esempi concreti.
Chi mi conosce sa che per me lo sport e l’alimentazione sono fondamentali. Non sono un’atleta da medaglia d’oro, ma lo sport è parte della mia vita.
Le mie performace sono tutt’altro che gloriose, ma le mie corsette da bradipo volenteroso sono costanti e quotidiane, insieme alle mie micro sessioni di tono, che mi fanno scoprire inesorabilmente muscoli ignoti. La mia scelta non riguarda solo il fisico, ma pure la mente: stimola i neuroni, dà energia, migliora l’umore e insegna disciplina.
I nostri valori sono importanti, ma il modo in cui li trasmettiamo fanno tutta la differenza.
Facciamo due esempi agli antipodi, e senti come ti risuona:
“Chi fa sport è intelligente, gli altri sono dei cretini”. Magari lo si può dire in modo più delicato, ma il concetto non cambia.
Ora, il povero figlio che sente ripetersi questa cosa, cosa vuoi che pensi?
“O faccio sport e sono ‘giusto’, o non lo faccio e sono ‘sbagliato’”. È un giudizio netto, bianco o nero, che non lascia spazio.
Certo, all’inizio è più probabile che seguirà questo valore, ma lo farà solo per il desiderio dell'approvazione. Il muscolo si scolpisce, ma il suo cervello si rattrappisce, perché non sviluppa nessun pensiero critico e non fa una reale scelta.
Un’alternativa potrebbe essere:
Lo sport ha vantaggi e costi, come ogni scelta
Vantaggi: ti tiene in salute, tonifica i muscoli, libera ormoni del buonumore. Quando muovi il corpo, i neuroni ringraziano: si attivano, rallentando l’invecchiamento. È un regalo a te stesso e agli altri, perché se stai bene hai più energie per chi ti sta intorno. Persino la spesa pubblica ci guadagna, perché uno stile di vita sano può prevenire qualcosa (anche se, certo, la salute non dipende solo da noi).
Costi: fare sport richiede tempo, quello che potresti passare sul divano o a fare altro. A volte significa lasciare i ragazzi a casa mezz’ora da soli o preparare una cena più veloce per ritagliarmi una corsa. Non è gratis, ha un prezzo.
Chi non fa sport non è “sbagliato”. Magari non è stato educato a farlo, non conosce i benefici, è bloccato da abitudini o preferisce investire il tempo altrove.
Questa è un’analisi critica, dove considero diversi punti di vista.
Ovvio che farò in modo di essere più persuasiva verso un valore a cui credo, ma senza schiacciare le alternative.
E se ho una buona relazione con i figli, questo messaggio è molto più potente, sia per i muscoli, sia per i neuroni, sia per le emozioni.
In questo modo i ragazzi, si permettono di pensare, senza la paura di essere giudicati sbagliati.
In questo modo il loro pensiero include diverse realtà e diverse ipotesi.
In questo modo avranno relazioni più ricche.
In questo modo avranno più coraggio di scegliere e sperimentare. E se ce n’è bisogno, pure di cambiare idea, perché la vita è un viaggio e la flessibilità è un’esigenza.
In questo modo la valutazione non si basa sulla paura della disapprovazione, ma si basa su un'analisi ampia di tante altre variabili.
Attenzione: qui non parlo di regole. Quelle sono un’altra cosa. Se a 18 anni non hai la patente, non ti dico: “Scegli tu se guidare”. Ti dico: “Capisco la tentazione, ma non si fa, punto”. Le regole base per vivere bene sono rigorose e chiare, anche se, pure quelle possono essere spiegate in mille modi diversi, perché il rigore può comunque esser accompagnato da una comunicazione morbida ed empatica.
Se hai un bambino, puoi anche pattuire "la regole dello sport", ma anche in tal caso lo stile comunicativo fa tutta la differenza.
Ma la vita non è solo regole: è piena di scelte dove non esiste un’unica soluzione.
Quindi, se tuo figlio ha paura di scegliere e ti sembra voler sempre compiacere gli altri, prova a vedere che tipo di pensiero e che tipo che comunicazione gli stai proponendo.
È binaria?
Esiste sempre una cosa giusta e una cosa sbagliata?
Comprendi un diverso punto di vista anche se non è in accordo con il tuo?
Quando parli degli altri, tendi ad esser giudicante?
Non penso siano concetti semplicissimi, e ritengo che ognuno di noi abbia delle idee così radicate che diventa facile trasformarsi in guerrieri per difenderle.
Ma penso anche che per vivere nel rispetto sia fondamentale cominciare a pensare che le ragioni possono avere tanti colori, e che ogni scelta abbia i suoi vantaggi e i suoi costi: ognuno ha bisogno di scegliere quali costi sostenere.
E questo permetterà, in un mondo complicato come quello che oggi le grandi potenze ci stanno proponendo, di crescere figli in grado di analizzare, capire e fare le proprie scelte nel rispetto di sé e degli altri.
Che sia chiaro, tutto questo discorso va contestualizzato nelle diverse situazioni, ma ciò che conta è che se impariamo a vivere le nostre verità come non assolute e impariamo ad esprimerci con un linguaggio più analitico e meno giudicante, staremo tutti meglio: genitori, figli, e pure il pezzetto di mondo attorno a noi.