LA POTENZA DELLE NOSTRE PAROLE

"parole pugnale" e "parole carezza"

LA POTENZA DELLE NOSTRE PAROLE

 

Ho appena terminato un libro su Gautama Buddha e, fra le tantissime considerazioni molto ispiranti, ho letto le otto vie che vengono suggerite per un corretto comportamento buddhista (il nobile ottuplice sentiero).

La seconda, la terza e la quarta sono: la retta intenzione, la retta parola e la retta azione. 

Intenzione, parola ed azione…

Intenzione, parola ed azione…

Ed ovviamente, per una mia grave deformazione professionale, comincio a pensare a noi genitori, a ciò che viviamo e facciamo ogni giorno per i nostri bimbi e i nostri ragazzi. 

E comincio ad ipotizzare che il Buddha sarebbe parecchio fiero di noi riguardo alle intenzioni, perché tutto ciò che facciamo per i nostri figli e tutti i pensieri che popolano la nostra testa sono straordinari nelle intenzioni: il nostro unico desiderio è amarli, accudirli, proteggerli, vederli felici. 

Anche se facciamo mille altre cose, loro sono al centro dei nostri pensieri, dalla mattina alla mattina successiva, notte inclusa.

A mio parere siamo piuttosto bravi anche per quanto riguarda le azioni: li accudiamo, dedichiamo loro tutto il tempo possibile, prepariamo i pasti che amano. 

Li aiutiamo nei compiti, i primi euro a disposizione li utilizziamo per loro, passiamo notti insonni per assisterli nelle loro paure o nelle loro influenze gastrointestinali, ascoltiamo i loro dispiaceri, organizziamo feste ed incontri con i loro amici, siamo degli instancabili tassisti. Senza contare gli abiti sempre puliti, la casa curata, i libri rivestiti…

La lista potrebbe continuare ancora a lungo.

Insomma, diciamo che facciamo la nostra parte.

Ed ecco che arriviamo alle parole. 

E qui comincia a venirmi qualche dubbio. 

Mi vengono in mente le classiche immagini da cartone animato, con il protagonista che ha sulla spalla destra l’angioletto e sulla spalla sinistra il diavolo (oggi ho una vena religiosa piuttosto spiccata): a volte abbiamo parole angeliche per i nostri bimbi, li incoraggiamo, li consoliamo, li stimiamo, li confermiamo; altre volte ci escono parole piuttosto…diaboliche….con critiche, etichette, giudizi, minacce, offese, accuse.

Forse questo è un ambito in cui vale la pena porre la nostra attenzione per capire gli effetti di ciò che diciamo e cosa possiamo fare per utilizzare al meglio questo potente strumento.

Sì, perché le parole non sono “solo parole”, ma sono strumenti di creazione e distruzione. Le parole innalzano, le parole schiacciano. Le parole educano, le parole, distruggono. Le parole ispirano, le parole imprigionano.

Le nostre parole diventano un registratore incessante che i nostri figli si portano dietro per tutta la vita, influenzando la loro identità, le loro credenze, il loro futuro.

Le parole sono estremamente potenti e dovremmo imparare ad utilizzarle con grande coscienza, consapevolezza ed attenzione. 

Ed invece spesso ci escono dalla bocca in modo impulsivo, senza controllo, in preda allo tsunami di emozioni incontrollate.

Oggi provo a fare con te una esperienza virtuale e per un attimo smettiamo di essere genitori e pensiamo a noi solo come lavoratori, partner, amici. 

Pensiamo a noi, mentre lavoriamo, o stiamo con il nostro compagno o compagna o chiacchieriamo con un amico. 

Pensiamo, per semplicità, al tuo datore di lavoro che si trova di fronte ad un tuo compito svolto in modo non corretto, e magari a causa di questo, deve gestire conseguenze economiche o relazionali con i clienti.

Ovviamente ha bisogno di dirtelo e può farlo in vari modi.

  1. Entra in ufficio e prima ancora di salutarti ti assale. Riesci ad immaginarti la scena? Al di là della gravità della tua mancanza, come ti senti? Hai voglia di correggere l’errore o come primo istinto ti verrebbe da girarti e scappare via? 
  2. Senza creare una situazione adeguata, comincia ad accusarti di fronte a tutti, magari in un momento in cui tu ti senti già male per l’errore commesso.
  3. Non ti corregge, ma ti accusa, come se tu lo avessi fatto apposta.
  4. Non parla dell’errore, ma formula giudizi su di te: sei incompetente, disattento, impreciso, inaffidabile.
  5. Utilizza la sua posizione di potere per umiliarti, perché se tu ti permetti di reagire è già pronta una lettera di licenziamento o di trasferimento.
  6. Le parole poco gentili vengono espresse con un tono aggressivo, senza controllo
  7. Generalizza come se non facessi altro che sbagliare, non ricordandosi di tutte le volte in cui hai lavorato bene, hai fatto straordinari, lo hai ascoltato e consigliato. Tu lavori sempre male.
  8. Non ti lascia lo spazio per spiegarti, per raccontare cosa ti abbia fatto sbagliare, per dirgli il tuo punto di vista.
  9. Mentre ti accusa, si permette di leggere le tue intenzioni: “tu lo fai apposta, non ci metti abbastanza impegno, se ti interessasse di più faresti maggiore attenzione, non ti importa nulla di questa azienda, vieni qui solo per la paga di fine mese”
  10. Durante tutto questo sfogo, neppure per un secondo si ferma a pensare alle conseguenze delle sue parole. Non si chiede neppure per un attimo come tu ti stia sentendo. Azzera qualunque capacità empatica. LUI NON PARLA PER CORREGGERTI, MA URLA PER SFOGARSI.

 

Hai provato ad immaginarti la scena? Come ti sentiresti?

Fai qualche prova (con l’immaginazione ovviamente) e vivila in varie situazioni della vita: tu che, parcheggiando, tagli la strada a qualcuno che esce dalla macchina e comincia ad insultarti.

Tu che dimentichi di pagare una bolletta e il tuo partner ti accusa di disattenzione. 

Tu che semplicemente vivi, cercando di fare il meglio che puoi.

Tu che ovviamente commetti qualche errore.

E il tuo interlocutore, anziché trovare una soluzione insieme a te, ti aggredisce.

Non so voi, ma io personalmente mi sento male al solo pensiero.

LE ACCUSE NON SERVONO A CORREGGERE. 

NON ISPIRANO, MA DISTRUGGONO. NON INNALZANO, MA UMILIANO.

 

Le urla non hanno il potere di far riflettere. Non creano soluzioni e pensieri costruttivi. Non fanno crescere. portano solo alla chiusura, alla difesa e all’attacco.

 

Le parole che escono dalla nostra bocca sono potenti magie e, se usate bene, creano relazioni, speranze, ispirazioni, modelli, successi.

Prova a pensare alla stessa situazione, allo stesso ufficio, allo stesso errore e allo stesso datore, che, appena entra in ufficio, ti saluta con cortesia, facendoti sentire la sua stima e la sicurezza della vostra collaborazione.

Ti invita in ufficio e ti chiede con serenità cosa sia successo. Ascolta davvero la tua versione dei fatti, capisce il tuo punto di vista, sa che non c’erano cattive intenzioni ed analizza con te l’errore.

Non mette in discussione la tua professionalità, il tuo impegno, la tua dedizione, ma si concentra solo sul fatto da risolvere.

Anzi, sottolinea che, proprio perché sei un validissimo collaboratore, è davvero importante trovare una soluzione ed evitare altri errori simili.

Magari è infastidito e frustrato per le conseguenze da gestire, ma non te le fa pesare, perché capisce che punirti emotivamente non servirebbe a nulla e soprattutto non te lo meriti. Magari ti dice che è in difficoltà, senza però farti sentire in colpa. A lui non interessa il ricatto emotivo e la punizione. Vuole solo renderti più forte, più competente e risolvere il problema una volta per tutte.

Lui è il capo. Lui guida il clima nella sua azienda. Lui per primo lavora affinché ci sia rettitudine di intenzioni, di parole e di azioni.

Non lo pretende da te.

Lui è l’esempio e lui fa in modo che i suoi collaboratori seguano queste regole comunicative.

Che ne dici?

Quale situazione preferisci?

Dove ti senti più stimato, felice e realizzato?

Quale situazione stimola la tua voglia di crescere e migliorati?

L’aggressività e i ricatti emotivi non aiutano le persone e crescere. Creano paura, sottomissione, a volte obbedienza o addirittura ribellione. 

Per educare serve ben altro: serve rettitudine di intenzioni, di parole e di azioni.

Penso che non sia affatto semplice. Le parole escono troppo velocemente dalla bocca e si dimenticano di esser revisionate dalla parte saggia del nostro cervello.

Uno dei compiti principali che abbiamo noi genitori è prendere consapevolezza di quanto le nostre parole siano potenti sui nostri figli. Le nostre parole diventano pezzi della loro personalità, pezzi del loro futuro, pezzi del futuro del mondo.

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