“Mio figlio mi chiede spesso di comprare ciò che desidera: giochi, scarpe, vestiti… Cosa è meglio fare?”
I desideri sono il motore dei sogni. Sono l'origine dei progetti. Sono la spinta della vita.
Un uomo che desidera è spesso un uomo che non si arrende, che pianifica, che si crea obiettivi e che agisce per raggiungerli.
I desideri sono la base della motivazione, il motivo che ci spinge all'azione appunto.
E noi genitori abbiamo bisogno di crescere bimbi in grado di desiderare, in modo che possano sognare e agire con energia, con forza, con ispirazione.
Come possiamo fare?
Innanzitutto vediamo cosa non fare.
Vediamo le due principali azioni che uccidono l'atto del desiderare e quindi di sviluppare passioni:
1) Accontentare spesso, troppo spesso, comprando regali, giocattoli, Lego, macchinine e bambole e riempiendo lo spazio dei giochi fino a farlo scoppiare. Oppure comprando vestiti e trucchi ai nostri pargoli adolescenti, accontentando tutte le loro richieste.
E sapete perché?
Perché il desiderio, per essere nutrito, ha bisogno di attesa, ha bisogno di tempo, ha bisogno di pensiero.
L'acquisto dell'oggetto spegne quel desiderio.
E soprattutto prosciuga le aspettative, l’attesa, l’eccitazione dell'idea che è quasi sempre più intensa dell'emozione del possesso.
Spesso i bimbi non sanno neppure cosa chiedere a Babbo Natale, hanno già tutto (e il paradosso è che di fronte ad innumerevoli scatole colme di giochi si annoiano e non sanno che fare).
2) Il secondo errore è il contrario dell'accontentare. È il criticare il desiderio stesso. È il fare sentire in colpa il figlio perché quella cosa non serve a nulla, non è bene desiderarla, perché “hai già tanto e non ha senso che tu desideri questo o quello. Non sei grato per ciò che hai”.
Il messaggio educativo ovviamente vuole essere buono, vuole insegnare il senso della gratitudine, ma purtroppo formulato in questo modo tende nel tempo a togliere la capacità di desiderare.
Per realizzarsi nella vita c'è bisogno di essere visionari, sognatori, c'è bisogno di osare, appassionarsi, immaginarsi.
Per studiare, crescere, imparare, i bimbi devono essere sostenuti dalla motivazione e la motivazione è anche frutto del desiderio.
Quindi cosa possiamo fare?
È utilissimo accogliere i desideri dei figli, sollecitando il racconto di ciò che chiedono.
“Mamma, papà mi comprate quel lego?”.
“Fammi vedere di cosa si tratta. È bellissimo. Adesso dimmi cosa ti piace? Cosa ci faresti? Dove lo metteresti? Come ci giocheresti? Questo non è il momento di acquistarlo, ma lo scriviamo nel quaderno dei desideri. Lì ci possiamo annotare tutto ciò che sogni. Attacchiamo una foto, un disegno o semplicemente facciamo un elenco e a Natale lo puoi sfogliare e puoi scegliere quello che ti piace di più”.
Ho visto bimbi compilare insieme ai genitori il quaderno dei desideri con tanto di immagini e di espressioni. Ho visto bimbi che hanno amato più il quaderno che gli oggetti. Ho visto bimbi passare ore in questa attività, sia di costruzione che di rilettura.
Questo si può fare anche con gli adolescenti.
Anziché criticare le Jordan che costano una follia, ascoltateli, fatevi mostrare i modelli, fate la classifica delle scarpe preferite, condividete i siti pieni di scarpe assolutamente folli ed inavvicinabili.
Accogliere un desiderio e dargli il diritto di esistere, non significa procedere con gli acquisti.
Ad esempio si può fare una lista e poi cercarne un paio di usate come regalo di Natale.
Poi ovviamente ogni famiglia ha le proprie possibilità, i propri valori, il proprio modo di procedere con gli acquisti.
La cosa importante è permettere ai figli di desiderare, di accogliere sogni e visioni, senza criticare e senza accontentare subito.
Il desiderio ha bisogno di spazio e di tempo.
Ha bisogno di due orecchie che ascoltino e di un portafoglio serrato.
Ha bisogno di vivere e di attendere per essere realizzato.
Così come sognano lego, bambole e Jordan poi imparano a sognare di essere medici, aeronauti, parrucchieri e chef.
E queste sono le immagini che li sosterranno durante il loro viaggio di formazione e di crescita.