Perchè urlare non funziona più.

Capiamo perchè metodi autoritari di un tempo non sono più efficaci

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Perché non funzionano più i metodi autoritari che un tempo invece (più o meno) funzionavano? 

Perché i metodi educativi basati sull’autorità, sulle minacce, sulle urla, sulle punizioni, su qualche sculacciata, una volta avevano come risultato dei figli rispettosi, forse un po’ timorosi, ma educati, mentre oggi sembrano creare ragazzi arrabbiati, sfidanti, addirittura oppositivi? 

Che succede? Perché ciò che funzionava un tempo oggi non funziona più? 

Si tratta semplicemente di un cambiamento di valori culturali: ciò che in passato appariva giusto, oggi lo consideriamo inaccettabile e questo influisce sull’apprendimento dei nostri meravigliosi pargoli.

Ti accompagno in questo ragionamento.

Un tempo tutte le gerarchie si esprimevano attraverso una modalità autoritaria. Non solo i genitori erano autoritari nei confronti dei figli, ma anche: 

  • i maestri nei confronti degli scolari (con l’approvazione indiscussa dei parenti), 

  • i responsabili nei confronti dei lavoratori, 

  • a volte pure il marito nei confronti della moglie.

E nessuno diceva nulla. Appariva corretto così.


Per fortuna esistono ancora racconti diretti dei nonni che testimoniano questo importante cambiamento:
A scuola, se dimenticavo un quaderno, il maestro mi faceva stare in piedi in un angolo con le mani dietro la schiena, e guai a fiatare, altrimenti erano bacchettate sulle dita.” 

La stessa cosa, però, si accettava fra i bambini.
I bimbi ciò che vedono imparano e ciò che imparano esprimono. 

Quindi, a loro volta, giù in cortile o nei campi dove si incontravano, non mancavano di giocare, confrontarsi e risolvere le questioni con qualche bella zuffa. 

E nessuno diceva nulla. Appariva corretto così.

Si creava proprio un modello coerente e lineare: il bambino imparava che chi stava sopra di lui, per farsi ascoltare, poteva utilizzare urla, minacce e qualche “sano ceffone”. 

Siccome lo facevano tutti, voleva dire che era giusto. 

E quando fra tatini ci si azzuffava, raramente interveniva qualche adulto ad insegnare loro qualche pacifica strategia di gestione del conflitto. Anzi.


 Se un figlio si lamentava, spesso il genitore, con rara maestria pedagogica, diceva: 

Se ti lamenti ancora ti arriva un manrovescio, almeno piangi per qualcosa.” 

Insomma, tutti amici della Montessori.

Ognuno di noi può giustamente esprimere una personale opinione su queste usanze, ma una cosa era certa: il valore dell’autorità era espresso, subito e accettato con coerenza.


 

Oggi cosa succede?
La cultura è totalmente cambiata e i valori che sosteniamo sono totalmente diversi. 

Il concetto di rispetto si è modificato e tutto ciò lo condividiamo coi nostri figli in modo esplicito:
 “Sii gentile, porta rispetto, non alzare le mani, non picchiare i tuoi amici, sii generoso, presta i tuoi giochi, se qualcuno ti chiede qualcosa rispondi sempre con estrema gentilezza.” 

Inoltre, noi siamo anche i mittenti di una serie di messaggi indiretti, cioè opinioni e considerazioni che non esprimiamo direttamente ai figli, ma che manifestiamo parlando con il nostro partner, con i nostri genitori, con i nostri amici. 

E sappiate che, quando parliamo con altri, i bambini ci ascoltano sempre: ascoltano tutto, sentono tutto, memorizzano ogni cosa. Quindi, quando ci sentono lamentarci – magari a cena col partner – 

Sai, oggi il mio capo mi ha urlato dietro per una sciocchezza, proprio non si fa così”, oppure 

“Hai visto quella mamma al parco? Ha sgridato il figlio in un modo che non si può sentire”, 

loro sentono e memorizzano un certo tipo di modello culturale. 


Inoltre, c’è la nostra reazione concreta

- se un maestro o un professore si comporta in maniera autoritaria nei confronti dei nostri figli – magari alza la voce perché non hanno fatto i compiti – molto probabilmente corriamo dal preside. 

- Se al lavoro accadono cose che riteniamo al di fuori di una modalità rispettosa – tipo un responsabile che si rivolge ripetutamente in malo modo – è estremamente probabile che contattiamo i sindacati.

- Senza contare le nostre reazioni quando i bambini si azzuffano a ricreazione. In ordine: 

  • attivazione incontrollata del gruppo WhatsApp dei genitori, 

  • convocazione di maestri e rappresentanti di classe, 

  • appuntamento urgente con preside e vicepreside.

Qualunque forma di intervento un po’ più veemente viene considerata ingiusta, poco rispettosa e degna di qualche forma di denuncia.

Tu potresti essere fra i nostalgici dei metodi forti, oppure il paladino della comunicazione non violenta (e io qui ti farei buona compagnia), ma al di là dei gusti personali, ciò che funziona per i bimbi è la coerenza fra ciò che si dice, ciò che si fa, ciò che si accetta.

I nostri figli crescono con l’idea che 

- la gentilezza, 

- il rispetto, 

- una modalità equilibrata,

- il parlare con un tono di voce pacato e soprattutto non violento

- non alzare mai le mani

siano alla base dell’educazione e della convivenza. 

Raccontiamo storie, condividiamo aneddoti, scegliamo film e cartoni che esprimano questi valori, ci prodighiamo in omelie ricche di pathos.


 

E poi?
Il nanetto non rispetta una regola concordata, non spegne la Play o procrastina nei compiti, a te girano vorticosamente gli ormoni, e dopo qualche fallimentare tentativo di controllo emotivo, scatti in un bell’urlone, condito da fantasiose minacce di futuri cataclismi.
E vorresti essere riconosciuto ed ascoltato.


Ma ahimè, stai utilizzando modalità incoerenti rispetto ai valori che insegni.
Sono le modalità che critichi al resto del mondo.
Sono le modalità che blocchi immediatamente se le propone tuo figlio. 

Semplicemente sei incoerente.

E, mannaggia, l’incoerenza non ti fa guadagnare credibilità agli occhi del tuo pargolo.

Lui ha bisogno di linearità valoriale, pertanto: 

  • o crede ai valori che gli insegni e quindi pensa che tu stia sbagliando, 

  • o crede che tu ti stia comportando bene, ma che i valori siano poco validi.

Insomma, o accetti il maestro che bacchetta e il comportamento guerrafondaio di tuo figlio, o proponi uno stile educativo autorevole e rispettoso.

Temo non ci siano alternative sane e coerenti.


In un’epoca in cui abbiamo troppe notizie di violenza, in un’epoca in cui i social sono zeppi di messaggi sgradevoli, in un’epoca in cui il telegiornale propone troppe immagini di guerra, io ti propongo di credere con tutto te stesso nel valore del rispetto, ma non un rispetto timoroso e sottomesso, bensì un rispetto autorevole, carismatico, che sa mettere regole e limiti. 

Un rispetto verso gli altri e verso te stesso.

Ti propongo di imparare a far rispettare le regole con il carisma Albus Silente e non con l’isteria della Umbridge. 

Ti propongo di studiare un modo per apprendere questa modalità e di mostrarla con coerenza a tuo figlio, affinché tutti noi possiamo crescere persone rispettose e forti, che sappiano capire, ma anche mettere paletti a chiunque non le rispetti.


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