La potenza delle storie

​"La narrazione è un'esperienza di pensiero che esercita ad abitare mondi estranei e implica una provocazione a essere e agire diversamente".

  • 02.05.2016
  • tempo di lettura: 02:45

"La narrazione è un'esperienza di pensiero che esercita ad abitare mondi estranei e implica una provocazione a essere e agire diversamente".

Da questa frase del filosofo francese Paul Ricoeur ha preso il via la lezione sullo storytelling del Prof. Di Fraia, che ha invitato l'audience a riflettere sulla natura delle "storie".

Queste ultime sono sicuramente il medium linguistico per eccellenza, gli scambi comunicativi infatti avvengono attraverso storie, ma nel contempo sono anche la struttura attraverso la quale gli esseri umani cercano di dare ordine a una realtà che altrimenti risulterebbe caotica e disorientante. Dunque le storie costruiscono senso, sono appunto i filtri attraverso i quali decodifichiamo l'esperienza.

Didatticamente il pensiero si può dividere in logico cognitivo, di tipo paradigmatico, che si rifà alla scienza e costruisce leggi, e in narrativo, tipico invece del ragionamento quotidiano, sensibile al contesto.

Nel raccontare il contesto con una storia però, non si può non tener conto di una certa opacità referenziale, intesa come inaccessibilità da parte del soggetto a una verità oggettiva: in effetti un fatto puramente oggettivo non esiste, ma esistono tante narrazione di questo fatto quante sono le persone che le realizzano.

Nella costruzione di storie è necessario tenere conto di alcune ineludibili regole di funzionamento, e cioè la sospensione dell'incredulità, la verosimiglianza, la bilocazione spaziale, la distorsione temporale, l'emozionalità autobiografica e l'attività co-costruttiva, che favorisce l'attività interpretativa individuale.

Qualsiasi esperienza infatti viene ricompattata dall'individuo in termini narrativi, in un vero e proprio "film" che il soggetto racconta a se stesso.

In un certo senso possiamo accedere a noi stessi solo in termini di costrutti narrativi, al punto da poter affermare che noi siamo le storie che ci raccontiamo su noi stessi e che sentiamo raccontare dagli altri su di noi: noi siamo le nostre storie (storie ontologiche).

Raccontare storie poi ha un potente effetto sull'interlocutore: secondo gli esperti esiste una corrispondenza tra aree di attivazione cerebrale del parlante e aree di attivazione del soggetto in ascolto, come si evince in questo video mostrato a lezione


Importanti precisazioni terminologiche hanno permesso di distinguere tra "storia", cioè l'insieme di eventi nella loro relazione causale e temporale-sequenziale, e "racconto", che è il modo in cui la storia viene raccontata, e la narrazione, che è l'azione in sé del raccontare.

Sinteticamente si può dire che il narratore racconta la storia.

Il professor Di Fraia ha poi citato Jerome Bruner e la sua analisi della struttura delle storie, che rappresenta un punto di riferimento imprescindibile sull'argomento: tra gli elementi essenziali ci sono la struttura pentadica (attore, scopo, azione, contesto, strumento), l'intenzionalità, la violazione di un canone e l'appartenenza a un genere.

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