Come nascono i papà. Una nuova genitorialità oltre ogni stereotipo

Negli ultimi anni, grazie ai processi di trasformazione dell’identità per entrambi i generi citati, e a causa dei cambiamenti strutturali avvenuti nel modello familiare, si sta definendo sempre più (e direi per fortuna) un nuovo modello di padre, decisamente più presente e coinvolto nella cura e nel sostegno dei propri figli.

Quando nasce un bambino, nascono anche dei genitori. E come per il bambino non è semplice orientarsi in un mondo decisamente meno accogliente dell’utero materno, così il genitore deve fare i conti con uno stravolgimento della propria esistenza: meraviglioso ma non per questo meno complesso e faticoso.

Fino a qualche tempo fa avremmo potuto definire questo come un problema più femminile che maschile, ma negli ultimi anni, grazie ai processi di trasformazione dell’identità per entrambi i generi citati, e a causa dei cambiamenti strutturali avvenuti nel modello familiare, si sta definendo sempre più (e direi per fortuna) un nuovo modello di padre, decisamente più presente e coinvolto nella cura e nel sostegno dei propri figli.

Così anche i padri incappano in quella che è la comune necessità di dover riprogettare la propria esistenza intorno al proprio piccolo, facendo intanto il possibile per preservare la propria efficacia lavorativa, la relazione di coppia e in generale la sensazione di soddisfazione nei confronti di se stessi, cercando di integrare, spesso con fatica, i vari aspetti della propria vita.

Questa nuova idea di paternità, decisamente diversa da quella della generazione precedente, si palesa già durante la gravidanza, le cui tappe più significative sono ormai afferenti alla dimensione di coppia e non unicamente a quella materna, tanto che gli stessi corsi di accompagnamento alla nascita prevedono, nella quasi totalità dei casi, la partecipazione dei papà: non si tratta unicamente della conquista di un ausilio particolarmente intimo ed affidabile per la futura mamma, ma anche e soprattutto dell’esercizio per i padri di un diritto sacrosanto, che è quello di essere coinvolti per davvero nella nascita del proprio bambino e supportati nel proprio incontro con il ruolo di genitore.

Il machismo invisibile, che persevera nel nostro background culturale, lascia poco spazio all’espressione di desideri, preoccupazioni ed in generale emozioni maschili nei confronti della genitorialità, condizione accentuata dall’inesistenza, il più delle volte, di modelli di riferimento adeguati alle nuove prospettive.

Diversi studi, a partire dai primi anni del 2000, dimostrano come, ahimè, la depressione post partum sia un rischio anche per i neo papà, i quali sembrerebbero “accusare il colpo” della relazione simbiotica tra madre e neonato, con una possibile e dolorosa sensazione di esclusione ed abbandono che va considerata, prevenuta ed accolta, per la tutela della salute psichica dell’individuo e per le ripercussioni che un simile attraversamento possono avere all’interno della relazione di coppia e soprattutto nella relazione con il piccolo appena nato.

È infatti chiaro a tutti e ampiamente dimostrato quanto sia importante per un sano sviluppo della personalità del bambino, la presenza e la vicinanza di entrambi i genitori. L’affetto ed il calore dei genitori, l’abbondanza di amore e di attenzione da parte loro, la costruzione di relazioni familiari solide ed efficaci, sembrano essere capaci di prevenire fenomeni di microcriminalità e violenza, depressione infantile e bullismo, sostenendo un sano sviluppo della personalità.

Si dimostra così chiara e urgente la necessità di un racconto sulla genitorialità più esteso e plurale (anche più plurale rispetto alla prospettiva proposta da questo breve articolo), affinché sia garantito il sostegno necessario a quella relazione speciale e irreplicabile tra un individuo che viene al mondo ed uno che si assume la responsabilità della sua buona crescita.

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