In momenti come questo, in cui la sensazione di emergenza e precarietà continua a serpeggiare nelle nostre vite, ora nella veste di una guerra spaventosa tra Ucraina e Russia, non possiamo non domandarci come assicurare alle domande di bambine e bambini risposte coerenti, realistiche e rassicuranti.
In questi giorni i bambini sono infatti in balìa di immagini di inaudita violenza, percepiscono negli scambi di comunicazione tra adulti, anche se accennati, il terrore e l’incredulità per uno scenario così anacronistico e lontano da quella civiltà che sbandieriamo come conquista fondamentale per la nostra società.
Come parlare, allora? Cosa dire per rassicurarne l’angoscia mentre in tutto il mondo circolano notizie agghiaccianti come quella delle mamme ucraine che con dolorosissima premura cuciono il gruppo sanguigno sui vestiti dei loro figli?
Minimizzare o censurare le notizie non serve, bambini e bambine hanno le antenne puntate sul mondo adulto, sono recettori sensibilissimi e rischieremmo di non prestare sufficiente attenzione ad un momento particolarmente delicato che necessita del giusto supporto.
Questo non significa certo esporli, specie se piccolissimi, alle immagini cruente che i media ci propongono di continuo in modo incontrollato: si tratta di immagini difficili da elaborare per chiunque, figuriamoci per i più piccoli.
Evitare per questo, ma è sempre una buona regola, di lasciare che i bambini guardino la tv o navighino su internet senza la presenza di figure adulte, che possano essere per loro sostegno per l’elaborazione di immagini troppo forti.
I bambini hanno il diritto di sapere, noi educatori abbiamo il dovere di mediare quel sapere rendendolo di misura adeguata all’età e alla sensibilità di ciascuno: facciamo molta attenzione.
Ascoltare è sempre una buona idea: cosa sanno già? Come lo hanno appreso? Cosa li ha turbati maggiormente? Ci sono dettagli che a noi adulti possono persino sfuggire, mentre nei bambini risuonano con grande turbamento: apriamo spazi di attenzione e ascolto profondo, all’interno dei quali accogliere paure senza la presunzione di sapere già cosa potrebbe portare loro sofferenza e agitazione. Ricordiamoci anche che non è sempre facile parlare delle proprie paure, osserviamo comportamenti e reazioni, dimostriamoci aperti e comprensivi in modo da facilitare un’ eventuale espressione difficoltosa.
Empatizzare non è sbagliato, se crediamo nell’empatia come dimensione dell’ intelligenza emotiva, strumento utile per la comprensione profonda e la realizzazione di relazioni interpersonali di valore, non possiamo rinnegare tali idee quando diventano complesse da gestire: è possibile che i bambini a cui ci rivolgiamo si sentano addolorati e impauriti, e questo va prima di tutto normalizzato e accolto: è da quella sensazione di ingiustizia che può nascere un mondo migliore.
Permettere ai bambini di agire, affinché la paura non diventi un sentimento angosciante e paralizzante ma abbia modo di trasformarsi in azione: approfondire con letture la conoscenza di un popolo, realizzare striscioni, affiggere bandiere, partecipare ad eventi per diffondere la cultura della pace, sono azioni di grande valore per chi le compie, permettono di sviluppare responsabilità e senso di efficacia.
Gli orrori della guerra resteranno sempre orrori, non c’è modo di cambiarlo: ma compito di ogni educatore è valorizzare e coltivare la cultura della pace con ogni mezzo a disposizione, affinché conflitti come questo possano rivelarsi in tutta la loro insensatezza e crudeltà ancor prima di essere messi in atto.