Il Sistema di Autoregolamentazione Pubblicitaria e le nuove sfide del Digital Advertising

Dal 1966 l'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria opera nel settore della pubblicità per controllare che la comunicazione commerciale sia "onesta, veritiera e corretta" a tutela dei consumatori e delle imprese.

Dal 1966 l'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria opera nel settore della pubblicità per controllare che la comunicazione commerciale sia "onesta, veritiera e corretta" a tutela dei consumatori e delle imprese, proprio come indicato nell'art. 1 del suo Codice di Autoregolamentazione. 50 anni di successi, con più di 25.000 casi esaminati, un lavoro capillare di tutela ma anche di sfide, non da ultime quelle poste dalla comunicazione commerciale digitale.

Gli investimenti in comunicazione commerciale digitale sono passati dal 3% nel 2007 al 26,6% nel 2015 e, ad un aumento significativo degli investimenti, corrisponde una proporzionale diversificazione delle sue forme di espressione e una crescente complessità del ruolo del consumatore, che non è più un "fruitore passivo" di messaggi pubblicitari ma è dinamico, selettivo e, addirittura, produce egli stesso contenuti che scambia con i brand.

Tutte le norme del Codice di Autoregolamentazione trovano applicazione nell'online advertising, a partire dall'art. 7 in materia di "identificazione della comunicazione commerciale", sempre riconoscibile in quanto tale anche e soprattutto nei casi in cui non è immediata. È per questo motivo che lo IAP ha redatto la Digital Chart, un documento che mappa le forme di comunicazione digitale commerciale, le best practice di trasparenza e agisce in sinergia con il Codice di Autoregolamentazione, come ci illustra il Dott. Salvatore Pastorello, funzionario della Segreteria dell'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria.

Una delle forme più diffuse di online advertising sui social è l'endorsement, l'accreditamento di un prodotto o servizio da parte di un soggetto terzo, come una celebrity o un influencer. Vi saranno degli accorgimenti tali per cui la natura commerciale del contenuto sia esplicita, come il tag del profilo ufficiale del brand, l'hashtag del prodotto o il link al sito web del brand.

Nel caso dei vlogger troveremo, invece, un disclaimer a inizio o fine del video che indichi la sponsorizzazione, il product placement o la fornitura di prodotti per fini commerciali da parte di un brand.

Un altro esempio interessante è il cosiddetto native advertising, una forma di comunicazione commerciale meno "invasiva", che si fonde all'interno dei contenuti "nativi", adattandosi completamente al frame in cui viene posizionata, come le in-feed units, notizie inserite all'interno dei quotidiani online o i recommendation widgets, contenuti curati da terze parti di natura promozionale.

Esiste poi, una categoria che richiama l'attenzione per questioni relative alla privacy degli utenti: si tratta della pubblicità comportamentale o OBA (Online Behavioural Advertising). Essa raccoglie i dati dell'utente per inviare messaggi pubblicitari mirati, basati sugli interessi emersi dalle navigazioni, quindi ancora più efficace della pubblicità contestuale. Dal punto di vista autodisciplinare, le OBA non identificano la persona fisica ma un dispositivo attraverso i cookies di profilazione. Anch'essa è soggetta all'azione di controllo dello IAP, che si serve di collaborazioni a livello internazionale e strumenti per accrescere l'efficacia della sua azione di controllo "cross-border", come la OBA Icon (), "sigillo di qualità" rilasciato dall'EDAA (European Interactive Digital Advertising Alliance) e che rimanda al sito youronlinechoices.eu a tutela dei consumatori.

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