C'era una volta la pubblicità.
Grazie all'avvento di internet e alla possibilità di chiunque di generare conversazioni attorno ai brand, i tempi degli slogan, dei jingle, del target sono ormai passati ed è derivato un sostanziale spostamento di focus dai singoli prodotti ai valori dei marchi, come proclamato dalle tesi del "Cluetrain Manifesto" di Levine, Locke, Searls & Weinberger.
Da qui nasce la necessità di una nuova comunicazione, che sappia trasmettere il punto di vista della marca e la sua presa di posizione.
Per questo Maurice Lévy, chairman e Ceo del gruppo Publicis, propone una nuova teoria della pubblicità, con tanto di formula matematica:
(IQ + EQ + TQ + BQ)= CQ
IQ: quoziente intellettivo
EQ: quoziente emozionale
TQ: quoziente tecnologico
BQ: bloody quickly
CQ: quoziente creativo
Innanzitutto, il primo elemento che individua lo spostamento di prospettiva della nuova comunicazione è il fatto di prendere in considerazione il quoziente intellettivo, e non solo quello di chi la crea, ma quello di tutte le persone che partecipano all'operazione, sia dei comunicatori, che degli utenti della comunicazione.
Ad oggi, perché un messaggio funzioni, è necessario inserire anche un quoziente emozionale, che riesca a coinvolgere pienamente chi ne fruisce, generando empatia e lavorando su archetipi (non stereotipi) in cui chiunque si possa riconoscere.
È importante poi tenere conto delle nuove tecnologie, sviluppando testi non solo tradizionali, ma diffondibili anche online. Ormai i mezzi di comunicazione sono indissolubilmente legati tra di loro, quindi non tenere in considerazione questo fattore significherebbe troncare inevitabilmente il messaggio.
Fondamentale è che il contenuto sia bloody quickly, "maledettamente" veloce, immediato, altrimenti rischierebbe di essere "scavalcato" da altri.
Tutti questi elementi, quando sommati tra di loro, vanno a costituire quel quoziente creativo di cui i professionisti della comunicazione oggi necessitano per riuscire davvero a parlare con il proprio pubblico.
Sono lontani i tempi in cui si considerava l'ascoltatore del messaggio pubblicitario alla stregua di un "bamboccio" da convincere con vuote promesse e qualche canzoncina.
Non si può nemmeno pensare però di proclamare dei valori con i propri messaggi e poi non arricchire il proprio operato di marca di azioni che li dimostrino nei fatti.
È una strada impegnativa da intraprendere, quella della comunicazione, e una volta iniziata non si può tornare indietro.
Resta però l'unica via percorribile.
Siamo pronti a fare il primo passo?